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buffoneria troppo volgare, certamente, misto di rozzezza, di minchioneria, di vigliaccheria e d’avarizia. La signora Marchini Capasso, nel suo Goldoni e la commedia dell’arte (Napoli, 1912, p. 155), ci vede “una specie particolare di Pantalone vecchio, rimbambito e donnaiolo, a alle prese con l’astuzia femminile”’. Questo forse non è, nè Tascadoro mi sembra d’età cadente; e nemmeno la Pelarina ci offre “un quadretto di vita contemporanea”, ‘una graziosa pittura d’ambiente” (p. 54): ma è certo che scene e personaggi, come in tutti gli intermezzi del Settecento, mostrano per forza qualche affinità col teatro popolare dell’Arte.
È del Gori o è del Goldoni la satira del costume? Vedete come vestono gli amanti alla moda intorno al 1730: “Abito corto con larghi falconi, ecc.”. E han le saccocce piene "D’ampolline, di bussoli e di stucchi” (Parte I, sc. 2 Di spirito goldoniano pare la baruffa veneziana, resa in iscorcio: “Veduto ho talvolta - D’alcuni buletti - Le belle bravure ecc.”’ Parte II, sc. 1). Ma il Goldoni ci fece assistere poi a ben altre baruffe! Questo "senso popolaresco" che sarà “uno degli atteggiamenti perspicui della mente del G.” sia "per diretta osservazione”, sia forse "per l’influsso del teatro Tepolire veneziano" precedente alla commedia goldoniana, avverte nella Pelarina anche Mario Penna, benchè veda ben poco "di notevole” in questo intermezzo, "probabilmente opera dell’Avv. Gori” (Il noviziato di C. Goldoni, Torino, 1925, pp. 47-48).
La Pelarina fu stampata e recitata a Venezia nel 1734, credo nel carnevale (Mémoires, I, ch. 35). La parte di Pelarina fu interpretata, come ben pensa Cesare Musatti, da Zanetta Casanova, quella di Volpiciona (il madro) da Agnese Amurat; e il capocomico Imer fu Tascadoro. Autore della musica dobbiamo credere Salvatore Apolloni. Peccato che il Wiel nel suo diligentissimo e utilissimo catalogo dei teatri musicali veneziani del Settecento, abbia trascurato alcuni rari libretti che si trovano presso la biblioteca del Civico Museo Correr. Alle opere di "provenienza” Cicogna appartiene il libretto della Pelarina del quale abbiamo riprodotto l’intestazione (Venezia, Valvasense, 1734, in 16, pp. 32: un altro esemplare si trova nella raccolta di Manoel de Carvalhaes, ora presso l'Accademia di S. Cecilia, a Roma: un terzo nella raccolta privata di C. Musatti a Venezia). Ricordiamo come sulla fine del settembre di quell’anno se ne tornasse a Venezia, dopo due anni di lontananza, il nostro Goldoni proprio nel "calesso” di Giuseppe Imer, capocomico della compagnia di San Samuele. L’inimicizia col Gori scoppiò subito.
La Pelarina fu poi stampata nel 1753, nel tomo IV delle Opere Drammatiche Giocose di Polisseno Fegejo Pastor Arcade, Venezia, appresso Gio. Tevernin - In Merceria alla Provvidenza; ristampata a Torino nel 1757 dall’Olzati nella copia che fece dell’ed. Tevernin, e a Venezia nel 1770 da Agostino Savioli, nel tomo VIII delle Opere Drammatiche Giocose del Signor Dott. Carlo Goldoni; e finalmente ancora a Venezia dallo Zatta, nel 1794, nel tomo I dei Drammi Giocosi che facevano parte della grande raccolta delle Opere Teatrali del Goldoni. Non conta parlare delle ristampe nell’Ottocento.
G. O.