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come per esempio Melissa, Parpagnacco e Pollastrella, Pimpinone e Vespetta (è questo del modenese P. Pariati), Zamberlucco e Palandrana, Despina e Niso (musicato dallo Scarlatti). Serpilla e Bacocco oppure Il marito giocatore e la moglie bacchettona (musicato dall’Orlandini), l’Impresario delle Canarie (del Metastasio), Tabarano e Scintilla ossia la Contadina (del poeta napoletano Andrea Belmuro, musica del maestro Hasse), e il Vecchio pazzo per amore.
Di simili farsette scrissero anche il Gigli e il Fagiuoli in Toscana, altri a Roma, altri a Napoli dove fioriva fin dal 1707 l’opera buffa, in dialetto napoletano, creazione caratteristica dei sobborghi e della marina dell’incantevole città che rapi a Venezia nel Settecento la gloria del primato musicale.
Ma degli effetti della commedia sulla musica (v. in parte D’Arienzo. l. c., spec. anno 1897, pp. 421-459) e delle sorti della musica giocosa (Della Corte, op. cit.) non ci tocca parlare; nè dell’opera svolta a Roma e a Napoli dal grande maestro siciliano Alessandro Scarlatti (E. J. Dent. A. Scarlatti - His life and works, London 1905 e D. Alfred Lorenz, A. Scarlatti’s Jugendoper, Augsburg, 1927), nè dei maestri più oscuri in Italia fino al Pergolesi, dovendo la nostra attenzione rivolgersi soltanto agli umili componimenti poetici.
Sono quasi sempre scene ridicole d’amore con le solite caricature del vecchio innamorato, del contadino arricchito, della ragazza capricciosa, della virtuosa da teatro, della preziosa e così via. Ecco qui il Parpagnacco rec. a Venezia nel 1707, a Verona nel 1713, a Bologna e a Cento nel 1724. Sono tre intermezzi, ossia tre scene. Nella prima scena Pollastrella, benchè non le manchino amanti, vuol attirare Parpagnacco, il quale si vanta astrologo e nemico delle donne, ma viene da lui sprezzata; nella seconda anch’ella si finge astrologa d’amore, e il vecchio stolto cade innamorato cotto; nella terza Parpagnacco si presenta vestito da ganimede, ossia da "parigino spropositato", Pollastrella lo deride e lo scaccia senza pietà. C’è qua e là dello spirito, c’è il Settecento: "Non si vanti di beltà - Quella bella che non ha - Trenta amanti almeno in lista ecc.". Pollastrella annunzia Mirandolina, ne ha l’arte: "L’usanza vuol così: soglion le donne - Amar e disamar.... - Noi così comandiamo e con ragione - Perchè in fatto d’amore - Le maestre noi siamo e le padrone". Peccato che la forma sia rozza e i versi infelicissimi.
Nel Pimpinone del Pariati, uno dei migliori intermezzi, ricco di spirito settecentesco, qua e là vivo ancora (rec. a Venezia nel 1708, nell’11 a Ferrara, nel ’12 a Vicenza, nel ’14 a Modena, nel ’15 a Udine, nel 22 a Monaco nel ’40, a Lubiana) ecco già una serva padrona, la Vespetta, nelle due prime scene, (v. Della Corte, vol. I, pp. 41 e 55) e nella terza una moglie in calzoni e un marito bonario o alla moda. In Serpilla e Bacocco, che fu recitato a Venezia nel 1719, nel ’30 e nel ’41, a Bologna nel ’48 (col titolo Bacocco giocatore), a Monaco nel 1722, a Parigi nel ’29 (col titolo le Mari joueur et la femme bigotte: v. Léris, Dictionnaire portatif des théâtres, Paris, 1754) e di nuovo nel ’52, a Londra nel ’36 (col titolo The Gamester), troviamo un marito giuocatore, finto giudice, e una falsa bigotta (v. Della Corte, I, pag. 41 e S. Fassini, Il melodramma Italiano a Londra, Torino, 1914, pp. 116-117. Si ricordi la famosa commedia di Montfleury, La femme juge et partie, 1669, trad. dal Gigli: Il Ser Lapo o la Moglie