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già il desiderio d’una commedia regolare e, diremo, classica, in lingua francese, non parrebbe impossibile, ma senza dubbio assai strano. Perchè o da chi poteva venire sì forte invito da Roma al poeta che aveva dato ormai un addio alle scene? Ma basta leggere il libretto dello Sposo burlato, così lento, prolisso e incerto, per convincersi che non poteva uscire dalle mani anche troppo esperte del Goldoni. Nessuna frase, nessuna arguzia, nessun frammento che ricordi il fare e l’ingegno del commediografo veneziano. Anzi basterebbe il romanzetto di Fiorindo, rapito già dai corsari e sfuggito allora dai Turchi, per dileguare da noi ogni dubbio sulla falsa paternità di questo libretto. Tuttavia le note del Piccinni salvarono per qualche tempo lo Sposo burlato che si replicò a Vienna nel 1770, e allettarono il Ditters a tradurlo e a musicarlo nuovamente in Germania (v. Spinelli e Toldo, I. c.; e Sonneck, Catalogue), e persuasero l’abate Casti a scrivere un altro Sposo burlato (1772?), in Russia, che fu musicato forse dal Paisiello (L. Pistorelli, I melodrammi giocosi inediti di G. B. Casti, in Rivista Musicale It., 1897, pp. 632-635). - Ma è molto probabile che di tutti questi Sposi e di queste burle il buon Goldoni non sapesse mai sillaba.

G. O.