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Milano, Ricordi, 1901 e Janro [G. Piccini], Storia aneddotica dei teatri fiorentini: I. Il teatro della Pergola, Firenze, 1912). - Nel 1670 si recitò a Firenze il fortunato Girello dell’Acciaiuoli, ancora con musica del Melani (Ademollo, 1. c., pp. 121-2). Così di Giovan Cosimo Villifranchi volterrano si rappresentarono nella celebre villa di Pratolino, e altrove, la Serva favorita (1669), l’Ipocondriaco (1695), lo Speziale in villa, il Finto chimico ed altri drammi giocosi (Carini, l. c., 488-490 e Allacci). Lo stesso poeta, lettore di filosofìa e medicina a Pisa e a Firenze, cavò dalla popolare commedia di G. B. Ricciardi, Trespolo tutore, una burletta per musica. Nè si può tacere, negli ultimi tre lustri del Seicento, Girolamo Gigli di Siena, buffonesco sempre anche nei drammi in apparenza più seri. Nè si deve tacere Francesco Sbarra di Lucca, che fin dalla metà di quel secolo scrìsse intermezzi comici, forse sull’esempio del teatro spagnuolo, e un dramma giocoso nel 1667, le Disgrazie d’amore (G. Sforza, F. Sbarra ed i suoi drammi per musica, in Gazzetta letteraria, Torino, 1890, num. 34-35). E a Bologna non si udirono forse fin dal 1610 gl’intermezzi "affatto giocosi" di Luitprando Pochettini e nel 1664 lo "scherzo drammatico"di Lod. Cortesi, Amore vuol gioventù, musicato da G. B. Mariani e già recitato a Viterbo nel 1659? Ricorderò ancora nel 1661 i famosi Diporti d’amore in villa di Anton Maria Monti, musicati dal Laurenti; e nel 1696 Gl’inganni amorosi scoperti in villa di Lelio Maria Landi, musicati da Giuseppe Aldrovandini, perchè di genere rusticale. (Vedasi per tutti Ricci, I teatri di Bologna ecc., Bologna, 1888 e per gli ultimi C. G. Sarti, Il teatro dialettale bolognese, Bologna, 1895, cap. II).
Ma pur troppo nè codesto copioso e disordinato materiale de’ teatri di musica del secolo decimosettimo, nè quello dei teatri di prosa, fu studiato finora compiutamente; e l’articolo citato del D’Arìenzo sulle Origini dell’Opera comica offre poco di ciò che promette. Possiamo tuttavia affermare con sicurezza che la commedia musicale rappresenta nel Seicento un’eccezione: manca infatti ancora la vera commedia in Italia. A Venezia, la capitale nel Seicento del melodramma, accanto al genere mitologico, eroico, pastorale, romanzesco, manca il genere prettamente comico: anzi negli ultimi decenni del secolo vi si nota la tendenza a rendere più severa l’azione frenando e comprìmendo l’elemento comico, finchè Apostolo Zeno lo sbandì del tutto (Ortolani, Settecento ecc., pag. 376: v. Bel Ioni, 1. c., 329 e 331-332 e Wiel, l. c.; cfr. poi L. Pistorelli, I melodrammi di Ap. Zeno, Padova, 1894, pp. 48-49 e D.r Max Fehr, A. Zeno und seine Reform des Operntextes, Zurich, 1912). Forse la stessa riforma dello Zeno, che ha inizio nel 1695, contribuì nel principio del nuovo secolo, come avverte Della Corte, alla diffusione se non alla creazione dell’intermezzo (l. c., vol. I, pag. 26).
Nei teatri veneziani, almeno sulla fine del Seicento e nei primissimi anni del Settecento, le opere serie erano intramezzate e terminate da balletti, talora di genere buffo. Soltanto nel 1706 nel teatro di Sant’Angelo incontriamo, per gli intermezzi, due farsette musicali che ci fanno ricordare gli entremeses dei vecchi teatri madrileni. Notiamo subito che del dicembre 1707 è il più antico ricordo a Napoli d’opera buffa (Piovano, l. c., pp. 678, n. 3). Ma dove sorsero propriamente sì fatti intermezzi comici musicali? dove se ne introdusse l’uso? Nella cronaca dei teatri del Seicento, pubblici e