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Il libretto fu musicato dal giovane maestro Antonio Sacchini, nato a Firenze il 14 giugno 1730 (v. Ulisse Prota Giurleo, La Vera patria di A. Sacchini, in Giornale d’Italia, 8 settembre 1928), non già a Napoli nel 1735, come in tempo si credeva, nè a Pozzuoli nel ’34, come volle correggere il Fétis e poi tutti ripeterono. A Napoli, dove sonava il violino, apprese il contrappunto dal Durante e fu poi maestro di cappella. Nel ’62, come pare, passò a Roma e, dopo sette anni di soggiorno in quella capitale accettò la direzione del coro dell’Ospedaletto a Venezia, dove nel 1770 lo conobbe il Burney e gli parve il miglior compositore d’Italia “nel genere serio”, come Piccinni”nello stile comico" (Viaggio musicale, in Collezione Sandron, specialmente pp. 63, 93 e 202). Sulla fine del ’71 viaggiò in Germania; e visse poi a Londra dieci anni, dal 1772 al 1782, in fine a Parigi, dov’ebbe una pensione dalla Corte e dove morì il 7 ottobre del 1786. Un’ode famosa per la sua morte scrisse il Parini (v. commenti di De Castro, Valmaggi, Mazzoni, Natali e altri). Per le notizie biografiche v. Meister, in Correspondance di Grimm ecc., Paris, t. XIII, 1880, pp. 475-478; Nuovo Dizionario Istorico di Bassano, t. 18, 1796, pp. 15-16 e gli autori ivi citati; specialmente Fétis, (Biographie Universelle des Musiciens, Paris, t. VII, 1864, pp. 360-363, da cui attingono l’Eitner e i più recenti biografi; Desnoiresterres, N. Piccinni, trad. it., Bari, 1878, pp. 52, 192, 199-201, per il soggiorno parigino; e Salveraglio, Le Odi di G. Parini, Bologna, 1882, pp. 248-251. Quantunque la Sandrina, ossia la Contadina in Corte (1765), fosse applauditissima dai Romani, come ci attesta Napoli-Signorelli (Vicende ecc., Napoli, 1811, t. VIII, p. 72), per giudizio concorde dei contemporanei, come si legge nel citato Dizionario di Bassano, “la sua anima, disposta naturalmente alla tenerezza e alla melanconia, perdeva la sua originalità nelle scene comiche”. Ma nell’opera seria contò una lunga schiera di illustri ammiratori, dal Rousseau allo stesso Piccinni.
È superfluo notare che nulla deve la Vendemmia goldoniana alla Vennegna (1747) napoletana di Pietro Trincherà (Scherillo, L’Opera buffa napoletana, nella Collezione Settecentesca Sandron, 1916, pp. 254-255). Ma nessun dubbio che dal Goldoni prese le mosse il Bertati nel 1778 per la sua Vendemmia, infarcita di romanzo. Anche questo è chiamato”Intermezzo in musica" nell’edizione veneziana (presso Modesto Fenzo, 1778), quantunque i personaggi che parlano siano sei, e nei due atti, di ben 17 scene ciascuno, si cambi spesso di luogo. Dei personaggi goldoniani è rimasto lo scroccone, il conte Zeffiro, ma non serba sino alla fine il suo vero carattere. Anche qui un Marchese (don Achille) s’invaghisce d’una pastorella, ma l’Agatina vien poi riconosciuta quale dama, mentre donna Artemisia si scopre figlia d’un pastore; e così s’accomoda tutto. Agatina vorrebbe esser l’ingenua tradizionale del teatro, ma è d’una buaggine ridicola; e l’opera intera del Bertati riuscì un miserevole intruglio di elementi giocosi, sentimentali e romanzeschi. Tuttavia la musica del maestro Giuseppe Gazzaniga fece miracoli e la Vendemmia si recitò nel maggio 1778 a Firenze (Pavan, Teatro degli Immobili in via della Pergola), nell’autunno a Venezia (S. Giovanni Crisostomo: v. Wiel) e a Bologna (v. Ricci), nel ’79 a Modena (Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena, parte II, p. 51) e a Monza (Rolandi, Il librettista del