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vantaggioso inerendo adesso, Noi preghiamo l’E. V. a non sdegnare di essere questa volta il nostro decoroso sostegno; e affinchè s’impegni farlo anche per dovere, abbiamo voluto che la presente Farsetta uscisse alla luce freggiala del Suo glorioso Nome, acciocchè riconoscendola per cosa di proprio dominio, come realmente diviene per l’atto che noi facciamo di ossequiosamente tributartela, abbia l’E. V. tutta l’autorità di favorirla e difenderla. Del che ci lusinghiamo poterci sicuramente ripromettere per la somma gentilezza ed innata benignità dell’E. V., la quale mostrando gradire questo sincero attestato della nostra particolare osservanza, ci dia l’onore di poterci chiamare

Di V. E. Roma 18 Febraro 1756

Umi, Dmi, et Oblmi Servitori
Gl’Interessati del Teatro.


Eleonora Collalto, nata a Venezia dal conte Odoardo, alla Maddalena, sposò ai 23 ottobre 1742 a Vienna, dov’era damigella di Corte di Maria Teresa, regina in quel tempo d’Ungheria, il N. U. Pier Andrea Cappello, ambasciatore colà per la Serenissima Repubblica (G. Zanetti, Memorie ecc., edite da F. Stefani: estratto dall’Archivio Veneto, 1885, pp. 12 e 58). Seguì il marito, ambasciatore in Inghilterra dal 1744 al ’48 (Brown, L’Archivio di Venezia ecc., Venezia, 1865, p. 269); poi a Roma fino al ’57, e poi a Brescia dov’egli fu Podestà: di che le dà lode un anonimo (v. cod. 72 Provenienza Gradenigo Dolfin, presso il Civico Museo Correr); ma lady Montagu afferma ch’essa seppe riuscire ridicola così a Londra come a Roma (v. lett. alla contessa di Bute, da Venezia, 26 nov. ’60). Rimasta vedova nel ’63, viaggiò l’anno dopo in Germania, come pare, e altrove, e abitò a Roma per qualche tempo, destando per la bizzarria del suo carattere molte dicerie in patria, dove fece ritorno nell’ottobre del ’65 (Notatorj cit., 28 giugno 1764 e 29 ott. 1765). Otto anni dopo scriveva scherzosamente da Vienna l’abate bolognese Taruffi al Cesarotti:”La Sig. Leonora Cappello è venuta a darsi qui in spettacolo per la seconda volta; ma mi dicono che non sia più in grado di farsi perdonare le sue vivacità. Per quanto ella detesti i suoi dieci lustri, il mondo ingiusto ed inumano non si vuol piegare a perdonarle questo peccato„ (Opere dell’Ab. M. Cesarotti, vol. XXXVI, 2° dell’Epistolario, p. 9: lett. 11 genn. 1773; Firenze, 1811).

Sofferse pure, fra le sue stranezze, di ubbie letterarie, e fra le pastorelle d’Arcadia si chiamò Palmira. A lei nel 1753 il Serassi dedicò il noto volume delle Rime di Bernardo Cappello, pubblicato a Bergamo. Nello stesso anno anche il Goldoni le dedicò la stampa della Moglie saggia (t. IV dell’ed. Paperini di Firenze: v. voi. VII della presente edizione, pp. 421-424). Dalla lettera di dedica apprendiamo come donna Eleonora non solo parlasse "con tanto vantaggio„ nei salotti romani, durante il pontificato di papa Lambertini, delle commedie goldoniane, invogliandone la lettura, ma ne proponesse colà "le rappresentazioni in più d’un teatro„. Forse rimane oggi questo il più bel titolo di lode per la capricciosa e galante gentildonna veneziana del lontano Settecento. In tarda età si fece monaca e col nome di suor Anna Maria finì