Tascadoro. Oh buona!
Pelarina. Che? seu muta?
Che vaga? Andemo insieme.
Si no volè vegnir all’ostaria1,
Anderemo al caffè, alla malvasia2.
Tascadoro. (Meglio! Ma da costui
Sbrigarmi io vuò). Pe’ fatti vostri andate;
Io di quelle non son che voi cercate.
Pelarina. (Che diavolo di voce
Per nascondersi ei fa!)
Tascadoro. Guardate che insolenza!
Pelarina. Ah maschera, ve vedo,
A quella sottogola de alabastro,
A quelle ganassette3 delicate
Sè una bella persona;
Ma si bella vu sè, siè mo anca bona.Fonte/commento: ec
Tascadoro. (Oh che imbroglio!) Partite,
Temerario che siete.
Pelarina. (La voce s’è scordata).
Tascadoro. (Che feci?) Ehem ehem, son raffreddata.
Pelarina. (Che gusto!)
Tascadoro. (Volontier gli scoprirei
Che son uomo; ma poi per la mia vita
Io temo).
Pelarina. A un cortesan 4 della mia sorte
Sti torti no se fa: so la maniera
De trattar co le donne.
E si me cognoscessi,
D’avenne refudà ve pentiressi.
Tascadoro. (Abito femminil, ti maledico;
Per te son nell’intrico).
Pelarina. Eh andemo via, caretta:
- ↑ Dicevasi per locanda, albergo.
- ↑ Bottega dove si beveva la malvasia, vino greco: vedasi vol. II. pag. 587, n. 1.
- ↑ Vezzeggiativo di guancie.
- ↑ Per il significato di questa voce, vedi Goldoni stesso, vol. I, pag. 157 (vedi pure vol. II, pag. 105, n. c e altrove).