Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
444 |
corre troppa differenza. Il primo è un vero pasticcio, come abbiamo visto, che non uscì già dalla fantasia del Goldoni, ma il secondo Intermezzo, per quanto tradisca l’improvvisazione e la negligenza, per quanto imbastardito nel linguaggio e nei versi, è uno scherzo comico ingegnoso cbe non si legge qua e là senza riso. Figurarsi poi sul teatro! Badiamo ch’è una semplice farsetta camovalesca, una buffonata per musica e niente più; e potremo tollerare sorridendo anche l’accomodevole Conte Macacco, l’antico tartaglia della commedia dell'arte, di cui trovammo già un saggio nella Birba. C’è del moto e del brio teatrale in questa favola “dei tre contenti", c’è la beata filosofia dell’amore non geloso, c’è il Settecento in somma, c’è il sorriso goldoniano:
Sieu tanto benedetti,
O cari sti gobbetti!
Staremo allegramente
In pase tra de nu.
Via che la vaga,
De chi è sti mondi?
Tutti i xe nostri
Tutto è per nu.
Ed io pur, che che che non son merlotto,
Voglio suo suonar il ciffolotto...
Viva viva l’allegria,
Bell’amare in compagnia...
G. O.