Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/427


LA FAVOLA DE' TRE GOBBI 425
Ma ghe despiase assae che siè zelosi.

Savè che zelosia
Dal mondo xe bandia.
No la se usa più. Nualtre donne
Savè che la volemo a nostro modo.
Chi ne sa segondar,
Qualcossa puol sperar.
Ma chi troppo pretende e xe ustinà,
Lo mandemo ben ben de là da Strà 1.
Donca pensèghe bai,
O amarla in compagnia, se la ve preme,
O andarve a far squartar tutti do insieme.
Parpagnacco. (Il dilemma va stretto).
Conte. (Non v’è la via di mezzo).
Parpagnacco. (O star cheto, o lasciarla!)
Conte. (O soffrire un compagno, o non amarla!)
Madama. (Son due pazzi a consiglio).
Parpagnacco. (Che faccio?)
Conte.   (A che m’appiglio?)
Parpagnacco. Conte.
Conte.   Marchese.
Parpagnacco.   Che facciamo noi2?
Conte. Cosa pensate voi3?
Parpagnacco. Penso che si può amare in compagnia.
Conte. Penso al diavol mandar la gelosia.
Madama. (Eccoli già cangiati.
Affé, ci son cascati).
Parpagnacco. Andate da Madama...
Conte. E ditele in mio nome...
Parpagnacco. Che d’amarla con altri io mi contento.
Conte. Pur che non lasci me, n’ami anche cento.
Madama. Bravi, cussì me piase,
Star da boni compagni. Za la donna

  1. Al diavolo. Detto popolare: vol. II, p. 600, n. 1. Stra, luogo famoso di villeggiatura, sulla Brenta.
  2. Occhi: E che facciamo noi?
  3. Occhi: E che pensate voi?