Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/398

396 PARTE TERZA
Era pur meglio, oh Dio!

Che nello stato mio
Libero e vedovil fossi restata;
Meglio ch’io non mi fossi innamorata.
Si va accendendo il foco, e allora solo
S’apprende il crucio, il tedio,
Quando che al nostro mal non v’è rimedio.
  Quante donne maritate
  Solean dir: mai più, mai più;
  E poi vedove restate,
  S’han tornato a maritar.
  E chi sente i lor lamenti,
  Suol rispondere così:
  A tuo damo, se ti penti;
  Ti dovevi contentar.

SCENA III.

Roccaforte e detta.

Roccaforte. Beilinda, allegramente.

Bellinda.   Qual novella?
Roccaforte. Non puoi esser più bella.
È venuto un dispaccio dalla Corte:
La guerra è terminata,
E la pace testè fu pubblicata.
Bellinda. Oh Cieli! oh me felice!
Ora sperar mi lice,
Che meco resterete?
Roccaforte.   Or mi lusingo,
Or che ho adempito il mio dover tra l’armi,
La licenza ottener di maritarmi.
Bellinda. Ma presto l’averete?
Roccaforte.   Adagio un poco,
Facciamo i nostri patti.
Bellinda.   Entrata e soldi,