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348 PARTE SECONDA
Livietta.   Non è Cardone?

Cardone. È un’altra cosa che finisce in one.
Livietta. Come sarebbe a dir?
Cardone.   Mutiam discorso.
La pantera con l’orso,
La tigre col leone,
Livietta con Cardone
Non si ponno veder uniti a un tratto,
Perchè bestiaccie son contrarie affatto.
Livietta. (È pazzo, o tal si finge?)
Cardone.   Io vuò proporti
Una cosa da fare, e se la fai,
Premio condegno avrai.
Livietta.   Che far degg’io?
Cardone. Vuò che vadi lassù, dove risplende
Cintia, ovvero la luna,
E che mi sappia dir s’abbia gran fondo,
E se nel centro suo v’è un altro mondo.
Livietta. (Oh poverina me! ch’egli è impazzito).
Povero mio Cardone, anima mia,
Che vuol dir tal disgrazia? Ah, che ne fui
Fors’io l’empia cagione.
Non mi conosci più? pover Cardone!
Cardone. (S’intenerisce).
Livietta.   (Vuò scoprirne il vero).
Cardone. Indi, dopo un tal viaggio,
Vuò che vada nel regno di Plutone,
Proserpina a baciar.
Livietta.   Pover Cardone!
Oh Dio! che tal disgrazia
M’opprime, mi sorprende, io non resisto,
Io mi sento morir. Certo il meschino
Per amore è impazzito. Io, donna ingrata,
Io ne fui la cagion. Di già m’aspetto
Un fulmine dal Ciel che mi sprofondi.