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Anche questo è un Intermezzo comico di tipo, diremo così, primitivo, a due soli personaggi, uomo e donna, e vi ha luogo il solito travestimento. Lesbina vuol sedurre Anselmo, un filosofo, un misogino; e per meglio riuscire nel suo intento, fingesi prima giovine studente, poi giovine letterata. Anselmo cede, come ben si comprende; ma quando Lesbina, sicura ormai della vittoria, pretende troppo presto dal futuro marito una piena libertà, secondo la nuova moda sociale (“Alle feste ed ai ridotti - Voglio andar quando mi par), il nostro filosofo inorridito si pente della propria debolezza e scappa via, inseguito dalle maledizioni della donna delusa.
Toma a mente l’avventura di Parpagnacco e Pollastrella (1707: vedi p. 54): se non che nell’antico Intermezzo, attribuito a Pietro Pariati (v. Sonneck), la conclusione è inversa: Pollastrella, dopo essersi divertita a innamorare l’astrologo, nemico delle donne, lo scaccia malamente, come farà più tardi del povero Cavaliere di Ripafratta la crudele Mirandolina. - Nulla ha da che fare il Filosofo goldoniano con la Maschera levata al vizio, dramma dell’ab. Silvani, musicato dal Gasparini a Venezia nel 1704 (Wiel, p. 8) e a Bologna nel ’30 dal Buini (Ricci, 434), e in quest’ultima città rappresentato di nuovo con musica del Buini e d’altri, e col titolo di Filosofo ipocrita, nel ’35 (Ricci, 442; e specialmente Toldo, L’oeuvre de Molière, Turin, 1910, p. 276-277). Non occorre ricordare il Filosofo ingannato dalla zingara, Intermezzo d’autore ignoto, cantato più tardi a Bologna, nel 1761 (Ricci, 478) 0 la farsetta del Foppa, Il chiamantesi Filosofo, musicata dal maestro Portogallo e recitata a Venezia nel 1798 (e a Padova nel 1800: v. Brunelli, I Teatri di Padova, Padova, 1921). Ignoro che cosa sia il Filosofo amante', farsa in due atti musicata dal Borghi e rappresentata nel 1776 a Lisbona (v. Sonneck). Che poi il Goldoni avesse letto o no le Démocrite (1700) di Regnard e le Philosophe marié (1727) o les Philosophes amoureux (1729) di Destouches, è questione che non ha qui nessuna importanza.
Questo misero e scialbo Intermezzo, degno compagno dell’Ippocondriaco col quale nacque a un parto, non reca in sè nessun valore letterario, nè brilla per arguzia comica: solo qua e là ci può attirare per qualche spunto settecentesco o per la solita satira del costume. Per quale virtù, della poesia o della musica, fu poi riesumato e ristampato a Milano e a Bologna? Piacque forse la lezione morale? Nulla sappiamo del compositore: fu il Maccari, oppure il famoso Vivaldi, che per la stessa stagione, nello stesso teatro, musicò l’Aristide? Negli interpreti riconosciamo, come per l’Ippocondriaco, l’amico Imer e Lisetta Passalacqua. Ma il Goldoni anche più tardi, nel 1754, farà innamorare un altro di questi cosidetti filosofi nel fortunatissimo dramma giocoso intitolato Il Filosofo di campagna; e nel ’60 ritenterà il connubio di Filosofia e Amore in un nuovo libretto, trasportando la scena nientemeno che in Samo, ai tempi d’Esopo.
G. O.