Lesbina. Sì.
Anselmo. Siete forse quella...
Lesbina. Appunto quella sono,
Che con superba ingiuria
Voi chiamaste una furia.
Anselmo. Oh cosa sento!
Ma dell’inganno mio già non mi pento.
Che siate questa, o quella,
A me già poco importa:
Basta che agli occhi miei voi siate bella.
Lesbina. Lo scolaro io fui,
Da cui rimasto siete persuaso.
Anselmo. Oh che bella invenzione, oh che bel caso!
Alfin siete mia moglie.
Lesbina. Che vale a dir vostra fedel compagna,
Ma non già serva o schiava.
Anselmo. Con quella dipendenza,
Che la femmina deve al suo marito.
Lesbina. Vusignoria mi scusa,
Cotanta dipendenza oggi non s’usa.
Anselmo. Che vorreste voi dir?
Lesbina. Che i nostri patti
Ahbiam da mantener.
Anselmo. E quali sono?
Lesbina. Non ve li ricordate?
Anselmo. Spiegatevi, di grazia.
Lesbina. Che voi non v’opponiate al mio costume.
Anselmo. Ben, bene, già s’intende
Di lasciarvi studiar.
Lesbina. Eh, v’ingannate.
Qual è il costume mio dunque ascoltate:
Alle feste ed ai ridotti
Voglio andar quando mi par,
Consumar voglio le notti
Nel ballar e nel cantar.