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NOTA STORICA

11 carnevale del 1736 si era chiuso felicemente a San Samuele con la recita del Don Giovanni, come il Goldoni ci racconta (vol. XXIII della presente edizione). Ricordate la scena seconda del quinto atto, quando il triste eroe, trovandosi fra due donne innamorate e tradite, accusa donna Isabella di pazzia presso la sua nuova amante? Lo spunto è tolto dal Festin de Pierre di Molière, dalla famosa scena del don Giovanni fra le due villanelle a cui ha promesso amore, nel secondo atto. Da quel medesimo episodio del poeta francese parve al giovine avvocato veneziano di poter trarre nuova materia di riso e creò liberamente con lieta vena un Intermezzo comico in tre parti, intitolato l’Amante cabala, che servì per le recite autunnali del 1736, forse fra i vari atti del Rinaldo (v. volume citato)

Di tutte le farsette per musica compóste fin qui dal Goldoni, nessuna ha l’importanza dell’Amante cabala, nessuna ci rivela meglio di questa l’arte fine ed arguta del futuro commediografo, nessuna si congiunge più intimamente col futuro teatro goldoniano. Ecco Venezia: ecco la calle e la finestra di Catina; ecco la bottega da marzer in Merceria, all’insegna del Gambaro da mar: il realismo trionfa. Filiberto, l’amante cabala, è prossimo parente di Lelio il bugiardo (v. voi. IV); la vedova Lilla e principalmente Catina, la giovane veneziana, vogliose tutte due di marito, appartengono già alla mirabile schiera delle donne goldoniane nelle commedie popolari. Com’è ormai malizioso il giovine Dottore, sposo recente di Nicoletta, nello scoprire i difetti dell’animo femminile. Quante volte ritroveremo nella commedia goldoniana i pettegolezzi, le insolenze e le arti lusinghiere di Lilla e di Catina, fatte più adulte. Ma Catina vive ancora in questo giocondo scherzo di carnovale, è la prima vera creazione di Carlo Goldoni. Come si culla fin d’ora facile e pittoresco nella musa del popolo il dialetto veneziano, precorrendo le argute cadenze del Campiello, delle Massère e delle Morbinose (Ortolani, Settecento - L’abate Chiari, Venezia, 1905, pag. 422, n. 4). E quale arte della scena, fin d’ora, e quanta vivacità, e quale originalità pur fra le inverosimiglianze e gli artifici d’un genere drammatico umile e falso. Chi più rammenta lo spunto del Molière, benchè se ne ricordasse il Goldoni nel Cavaliere di buon gusto (A. I, sc. 14: vol. V. - Vedi Rabany, C. Goldoni, Paris 18%, p. 260) e forse nella Donna volubile? (A. I, se. 13: vol. VI. - Rabany, l. c., p. 337 e Maddalena, Scene e figure molieresche imitate dal Goldoni, in Rivista Teatrale Italiana, vol. X, 1905, pp. 57-59) - Già si annunzia il creatore di Truffaldino, servo di due padroni (vol. I).

Come mai il Toldo potè ignorare questo prezioso Intermezzo? E perchè mai il Della Corte analizzò il Gondoliere e non nominò l’Amante cabala? Perchè lo trascurò il Momigliano? Solo il giovane Mario Penna, pur dimostrandosi troppo spesso inesperto nel suo recente saggio sul Noviziato di Goldoni (Torino, 1925), s’indugiò a parlarne a lungo con molte citazioni