Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/263


261

NOTA STORICA

Anno memorabile il 1736 nell’esistenza del Goldoni. In ottobre, com’era uso, si aperse il teatro di S. Samuele con la recita di un divertimento per musica, la Fondazione di Venezia, ma due Intermezzi di tre parti aveva composto il giovine veneziano per quella stagione d’autunno, la Bottega da caffè e l’Amante cabala, che sembrano nati nei giorni felici dell’amore per Niccoletta Connio. Lo sposo novello assunse poi in quell’anno la direzione del famoso teatro di S. Giovanni Crisostomo, che apparteneva pure al nobiluomo Grimani.

La Bottega da caffè fu assegnata finora dagli studiosi del Goldoni al 1735, sull’unica testimonianza dell’edizione Zatta, troppo spesso infida; ma la prima stampa originale del libretto, di cui di recente diventò possessore l’amico Cesare Musatti, corregge l’errore e distrugge ogni dubbio. Solo il Salvioli, ch’io sappia, nel Catalogo dei drammi per musica, che esiste manoscritto presso il Civico Museo Correr, segnava la data esatta dell’autunno ’36. Questo Intermezzo è di ambiente, come si suol dire, veneziano, anzi venezianissimo, perchè i caffè erano comuni dappertutto, ma più caratteristici, più frequenti, più vivaci, più pettegoli, più celebri a Venezia, dove crebbero in suolo naturale e trionfarono nel Settecento (v. Molmenti, I caffè di Venezia, in Lettura, febbraio 1904 e Storia di Venezia nella vita privata, ed. VI, Parte III, Bergamo, 1926, pp. 279-282; Ortolani, Voci e visioni del Settecento veneziano, Bologna, 1926, passim, specialmente pp. 88-89; e meglio di tutti il dott. A. Pilot, La Bottega da Caffè, Venezia, Zanetti, 1926).

Agiscono in questa farsetta tre soli personaggi: Narciso, il caffettiere senza scrupoli che mescola l’orzo e la fava col caffè e la farina con lo zucchero; Zanetto, il paroncin vigliacco, già noto alla commedia dell’Arte (vol. I della presente ed., p. 127 e Mémoires del Goldoni, P. I, ch. 51), che diventerà poi, nel ’48, Tonin bella grazia (v. il Frappatore, voi. II); e Dorilla, specie di venturiero con qualche sembianza delle Colombine e Mirandoline goldoniane. Il dialogo si riempie d’arguzie, i personaggi cominciano a vivere, sorridono sempre più le speranze della futura commedia (Ortolani, Settecento - L’ab. Chiari, Venezia, 1905, pp. 421-422). Notiamo la lode al dialetto veneziano, al dolce linguaggio che "per parlar d’amor l’è fatto apposta” (p, 238). Quanto alla tenue azione, troviamo qui "il motivo assai decrepito della burla” dice Mario Penna "che però, in un ambiente così determinato, viene a prendere un certo contatto colla realtà, ed acquista un po’ di calore" (Il noviziato di C. Goldoni, Torino, 1925, pag. 57). Il travestimento, per fortuna, si riduce a una finzione comune. Bisogna poi pensare che siamo nel Settecento, a Venezia, nel regno delle maschere; e che è questo alla fine, come tutti gli Intermezzi, un breve scherzo carnovalesco.

La burla principale di Narciso a Zanetto è di fingersi un bulo, un bravaccio, per farlo fuggir via spaventato e gabbato. Già nella maschera del Capitano compare molte volte nel teatro il finto bravo. Una commedia siciliana pubblicata a Palermo nel 1654, di Girolamo Gomez, porta il titolo di