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242 | PARTE SECONDA |
SCENA VI.
Zanetto e Dorilla.
Zanetto. (Gran drettoni1
Certo che xe costori!
Mi però son più furbo assae de lori.
Ma no vôi buttar via st’ora preziosa).
Cara siora Dorilla,
Me sento drento el petto
Un terribile ardor che me tormenta.
No la me sia crudel; via, la me daga
Un poco de conforto alla mia piaga.
Dorilla. Signor, lei troppo presto
Ad un recente mal cerca il rimedio;
Certo vussignoria
L’arte di ben amar non sa qual sia.
Zanetto. Se la lizion xe presta,
La me la insegna adesso.
Dorilla. Ascolti, è questa.
Un amante costante e fedele
Pianger deve, soffrire e penare;
S’è la donna tiranna e crudele,
Deve sempre servire e pregare,
Nè mai chieder sfacciato così.
Nella scuola d’amor non precede
Ad un lungo servir la mercede;
Sol premiato è chi fido servì.2
In quanto a mi, xe una lizion minchiona.
Ho sofferto, ho servìo tanto che basta;
No ghe xe più remedio,