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NOTA STORICA

Per la fiera dell’Ascensione del 1735 il Goldoni dovette qua e là ritoccare o, com’egli dice, "assassinare" la Griselda di Apostolo Zeno, quanto piacque al maestro abate Vivaldi, detto il prete Rosso (vol. I della presente edizione, pp. 107-109 e vol. XXIII, pp. 61-62). Poi raggiunse a Padova la compagnia Imer che aveva acquistato due nuove attrici, la Ferramonti e la Passalacqua, dopo l’improvvisa partenza dall’Italia della servetta Pontremoli e di Zanetta Casanova (voli. I, pp. 111-112). A Padova e a Udine il dottor Carlo scrìsse per la stagione d’autunno una tragicommedia, che fu appunto la Griselda (voi. XXI11) e preparò due nuove operette, l’Ippocondriaco e l’Aristide. Dovette pure "accomodare in molti luoghi” per il teatro di S. Giovanni Grisostomo, come si legge nella Drammaturgia di Lione Allacci rifatta a Venezia (1755), un altro melodramma, il Cesare in Egitto del Bussani (già recitato nel 1677: cfr. Salvioli e Wiel).

L’Ippocondriaco, musicato probabilmente dal maestro Maccarì, cantato dall’Imer e dalla Passalacqua nell’ottobre del 1735, forse fra un atto e l’altro della Griselda, è un breve intermezzo di due sole parti e di due personaggi. Tutti gli ammalati immaginari che si trovano con frequenza nel teatro, nella seconda metà del Seicento e nel Settecento, derivano direttamente o no dal grande modello di Molière: le Malade imaginaire, 1673. Che poi il Goldoni si ricordasse proprio di Argante e del testo originale, oppure dell’infelice versione di Niccolò de’ Castelli fo piuttosto del padre Biagio Augustelli: Lipsia, 1698), oppure del "Pantalone sotto la cura del dottor Purgon” nella commedia tradotta "et accomodata ad uso de’ comici italiani” da certo Cristoforo Boncio, libraio veronese (L’Amalato imaginario ecc., Verona, 1700: v. Toldo, L’oeuvre de Molière, Torino, 1910, p. 266), o in quella più nota a Venezia, in linguaggio veneziano, di Bonvicin Gioanelli, dottore in ambe le leggi (L’Ammalato imaginario ecc., Venezia, Lovisa, 1701: Toldo, p. 268), 0 di uno scenario ricavato da quest’ultima e svolto liberamente e buffonescamente dai comici dell’Arte, oppure al tempo stesso del capolavoro di Molière e di qualche sconciatura italiana, pochissimo importa a sapersi.

Certo il titolo ci richiama involontariamente all’Ipocondriaco di Giovan Cosimo Villifranchi, dramma per musica (del maestro Buini) rappresentato nella villa medicea di Pratolino presso Firenze e più tardi a Bologna (Ricci, I teatri di Bologna,. Bol. 1888, pp. 399 e 417; e specialmente Toldo, pp. 263-264 e 270). È inutile rammentare l’Intermezzo dell’ipocondria del meneghino Maggi (m. 1699) e il dialogo dell’Ippucondria del bolognese Lotti (in Rimedi per la sonn da liezr alla banzola, Milano, 1703: v. specialmente Carlo G. Sarti, Il Teatro dialettale bolognese, Bologna, 1895, pp. 77-79 e Toldo, pp. 269-270). Un altro ipocondriaco, malato immaginario, si trova nella commedia del Nelli, Il tormentator di se stesso, che uscì a stampa