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NOTA STORICA

Durante la stagione d’autunno del 1734 il Goldoni preparò per il carnovale una tragedia, la Rosmonda, e un altro intermezzo, la Birba. La tragedia non ebbe vera fortuna nel teatro di San Samuele, ma l’intermezzo cantato dall’Imer (Orazio), dalla Zanetta Casanova (Cecchino) e dalla brava Agnese (Lindora) "sorpassò di molto l’incontro della Pupilla e si terminò il carnovale con esso" (voi. 1 della presente edizione, pag. 106 e Mémoires, P. I, ch. 36).

L’autore ci racconta come gli venisse l’idea di scrivere questo libretto. Trattenendomi di quando in quando nella Piazza di San Marco, in quella parte che dicesi la Piazzetta, e veggendo ed attentamente osservando quella prodigiosa quantità di vagabondi, che cantando, suonando o elemosinando, vivono del soave mestier della birba, mi venne in mente di trar da coloro il soggetto di un intermezzo giocoso; e mi riuscì a maraviglia" (vol. I, pag. 106 e Mémoires, P. I, ch. 35). Della musica, che anche questa volta dovette comporre il maestro Giacomo Maccari, nulla sappiamo.

Toma opportuno ricordare come la sera dei 28 agosto del 1733 il pubblico del teatro di S. Bartolomeo, a Napoli, ammirasse per la prima volta la Serva padrona del Pergolesi. Il primo grande trionfo della commedia musicale è segnato non propriamente da un’opera buffa napoletana, ma da un umile intermezzo di un poeta di Napoli (Gennarantonio Federico) a cui le note mirabili di un giovane della Marca d’Ancona, appena ventitreenne, infusero vita immortale. Con un’azione drammatica ingenua, di poche scene, a due soli personaggi parlanti e uno muto, "con un’orchestra composta, si può dire, del solo quartetto d’archi, giacchè soltanto in qualche punto si odono alcune armonie di corni, e, nel finale, alcuni squilli di trombe, con una armonizzazione ridotta quasi a due parti poichè i violini primi suonano all’ottava dei secondi e le viole camminano insieme coi bassi, Giovanni Battista Pergolesi ha saputo creare un capolavoro di grazia squisita, di giocondità scintillante e di sentimento patetico" (A. Bonaventura, G. B. Pergolesi nel 2° centenario della sua nascita, in Nuova Antologia, fase. 913, 1 genn. 1910, p. 101. Sulla Serva padrona mi accontento di citare F. De Villars, La "Serva padrona": son apparition à Paris en 1752 ecc., Paris, 1863; Camille Bellaigue, in Revue des deux mondes, 1 sett. 1895, pp. 88-91; Edgardo Fiorilli, in Marzocco, XV, n. 17, 24 apr. 1910; e principalmente Giuseppe Radiciotti. G. B. Pergolesi ecc., Roma, 1910, p. 72 e sgg.; e Andrea Della Corte, L’opera comica italiana nel 1700, Bari, 1923, vol. I, pp. 55-66, dove si trova una minuta analisi anche del libretto). Questo meraviglioso intermezzo ch’é già musicalmente "una perfetta opera comica" (Della Corte) si diffuse con lentezza per tutta Italia e conquistò poi le capitali d’Europa. Poichè la caratteristica opera buffa napoletana o commedeja pe mmuseca restò fedelmente fissa al suo mare,