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Cecchina. Perchè per mia desgrazia no ghe vedo.

Orazio. Se bè che no ce vide,
Se te vuoi maretà 1, te piglieraggio.
Cecchina. Ma vu no seu stroppià?
Orazio.   Siente, fegliola 2,
No secreto t’affido, ma sta zitta.
Io non songo stroppeato,
Ma chissa è na fenziune
Pe ingannà le persune 3,
Se no lo cride, aspetta in un momento
lo jetto le stampelle, e san deviento.
Cecchina. Oh cossa séntio mai!
Orazio. E per narrarti il tutto,
Non son napoletano,
Ma son figliuo! d’un galantuom romano 4.
Cecchina. Vu sè donca una birba?
Orazio.   In questo modo
Cento scudì avanzati ho nel taschino;
Se voi vi contentate,
Sarò vostro marito.
Ah se voi mi vedeste,
So certo che di me vi invogliereste 5,
Cecchina. Per dirvela, signore,
Io già cieca non sono,
Ma fingo come voi.
Orazio.   Ciel, ti ringrazio!
Mi vedete voi dunque?
Cecchina. Io vi vedo benissimo.
Orazio. Volete esser mia sposa?
Cecchina. Io son contenta. Ma...
Orazio.   Che ma?
Cecchina.   Quel volto

  1. Così Tev. e Zatta. Edd. precedenti: maretar.
  2. Valvas.: feliulla.
  3. Tev. e Zatta: fenzione e persone.
  4. Valvas.: Ma son, figliola, un galant’uom Romano.
  5. Valvas.: involgereste.