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LA BIRBA 145

SCENA II.

Orazio e detta.

Orazio. Fate la caretate

A chisso pover’omino 1
Ch’è tutto sgangherato
Nelle gambe, e le braccia stroppeato.
Datemi no carlino,
Che canteraggio na canzuna2 bella
Napoletana sopra na citella.
  Bella figliama, se bolete,
  Ve daraggio lo mio core,
  Songo tutto, già Io sapete,
  Arso strutto pe’ vostro amore3.
 
Che voi siate consorte mia.
Anemo, via segnuri,
Na lemosena fate. (Oh che bel volto!
Da una cieca gentil lo storpio è colto4)
Cecchina. Alla povera orbina
Chi fa la carità?
Orazio.   (In questo stato5
Costei rassembra il cieco Dio bendato).
Cecchina. (Questo stroppio mi viene
A dimezzar la preda).
Orazio. Bella figliuola mia, dime no poco,
Sei de chisso paese?
Cecchina. Veneziana, sior sì.
Orazio.   (Com’è cortese!)
Sei zita, o maretata?
Cecchina. So una povera putta.
Orazio. Perchè no te marite?

  1. Così Tevernin e Zatta. Nelle edd. precedenti: pover’homo o pover’uomo.
  2. Tev. e Zatta: canzona.
  3. Valvasense: vostr’amore. — E ’l mio core ecc.
  4. Valvas., Ghisl., Tev.: stroppio.
  5. Valvas.: Oh che peccato!