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Venezia la vera Opera comica italiana e, passando le Alpi, si sparse e trionfò da Pietroburgo a Londra, da Stoccolma a Lisbona, sulle note del Filosofo di campagna e d’altre felici creazioni. Nel i760 Domenico Piccinni compose, sulla traccia di un libretto goldoniano, la Buona figliuola o sia la Cecchina, e conquistò e commosse a sua volta il pubblico che affollava i teatri da un capo all’altro d’Europa.

Il Goldoni non riuscì a creare, è vero, tra i suoi drammi giocosi nessun capolavoro, nulla propriamente di vitale: egli sottomise del tutto l’opera poetica alla tirannia e ai capricci dei maestri di musica; si abbandonò senza freno alla facile virtù dell’improvvisazione, quasi vantandosi di scrivere in “quattro giorni” un libretto; era convinto, come tutti i suoi contemporanei, della imperfezione del “dramma serio per musica” e ancora più del “dramma buffo”; e disprezzò e rinnegò quei componimenti che pur troppo il bisogno o il “comando di persona autorevole” gli imponevano. Tuttavia non mancano qua e là fra i personaggi delle dimenticate opere giocose macchiette e caricature vivaci, e specialmente nelle scene in dialetto lieti colori ed arguzie, e nelle azioni stesse, pur goffe e bizzarre, spunti felici. Il grande pittore della realtà umana infonde più d’una nota del suo riso sereno e del suo cuore nell’opera in musica, e spande la vita. Sarebbe facile nominare una cinquantina di maestri del Settecento che si ispirarono ai suoi libretti, fra i quali troviamo, accanto al Galuppi e al Piccinni, Paisiello e Traetta e Mozart e Haydn e Duni e