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(vol. V di questa ed. - V. spec. Maddalena, Fonti goldoniane: la Finta ammalata, in Ateneo Veneto nov. - dic. 1893): e al ricordo di Rosaura impallidisce la povera Rosalba. Aveva l’autore presente fin d’ora l’Amour médecin (1663) di Molière? Mi pare che non si possa mettere in dubbio, tanto più che lo stesso Giacinto non somiglia giù al futuro dottor Onesti, bensì discende in dritta linea da Clitandro (Toldo, L’oeuvre de Molière etc., Torino, 1910, p. 382). Certo una galleria di finti medici e di finte malate ricorre negli scenarì del teatro dell’Arte: in quelli copiosissimi del Medico volante (sulla fine del Seicento troviamo a Venezia una commedia intitolata Truffaldino medico alla moda, ovv. medico volante; e in Francia nel 1661 le Medecin volant di Boursault e, prima ancora, la farsa attribuita al giovane Molière), in quelli di Eularia o di Isabella muta per amore, in quelli dei Finti pazzi e delle Finte pazze. Non occorre dunque pensare alla Finta verità del medico per amore, commedia di Fabritio Nanni (Bologna, 1703) imitata da Molière (C. G. Sarti, Il teatro dialettale bolognese, Bol. 1895, pp. 99-101 e Toldo, Molière cit., pp. 271-276) o all’opera buffa napoletana di Francesco Antonio Tullio, la Fenta pazza co’ la fenta malata (1718) dove non manca un finto medico (Scherillo, L’opera buffa napoletana, in Collez. Settecentesca Sandron, 1916, p. 111 e sgg.), nè serve ricordare, nel ‘35, il Finto pazzo per amore del Mariani (Scherillo, p. 197) o più tardi il Finto medico del Cerlone con la solita finta ammalata. Anche qui rammento ai curiosi gli amanti che si fingono medici, sulla fine della vecchia commedia di sier Cocalin, la Veneziana (1619), attribuita all’Andreini.

Quanto all’episodio della botte in cui Giacinto fa entrare Triticone col pretesto di ringiovanirlo, ci fa ricordare altre botti complici di amori, come quella famosa di Peronella nel Decameron, antica fin da’ tempi d’Apuleio: e altre burle consimili delle novelle e dei teatri di tutti i paesi, sebbene ci richiami specialmente ai lazzi famosi della commedia dell’Arte.

Nella terza parte della Pupilla, i travestimenti e le finzioni continuano: ecco Giacinto finto giudice e Rosalba falso avvocato, ed ecco un tribunale per ridere. Anche qui siamo nel regno della commedia popolare italiana, ma di un periodo più recente, dopo ch’essa risentì l’efficacia del teatro spagnolo e francese. Invero non possiamo fare a meno di risalire col pensiero alla Porzia di Shakespeare (Mercante di Venezia, 1596 circa, ed. 600) vestita da dottore in legge, finto giudice, come nel Pecorone di ser Giovanni fa donna di Giannetto (giornata IV, novella 1). Ma basta ricordare la Dama Corregidor di due ignoti scrittori spagnoli e la Dama presidente di Leiba da cui trasse forse qualche ispirazione Montfleury per la sua celebre Femme juge et partie che nel 1669 contese il trionfo al Tartufo di Molière (la tradusse il Gigli: Ser Lapo e la Moglie giudice e parte, st. 1731). Nel 1685 Fatouville scrive per il Teatro Italiano del Gherardi lo scenario Colombine avocat pour et contre. Ma fin dal 1667 vediamo fra gli scenari del Biancolelli un Arlecchino, ladro, sbirro e giudice, ripetuto a Parigi nel 1716. E nel 1719 ecco a Venezia il fortunato intermezzo di Serpilla e Bacocco o il Marito giuocatore e la moglie bigotta (v. più indietro, p. 54) dove pure Bacocco trasformasi in giudice. Per molto tempo l’avvocato Goldoni, non senza un tantino di giovanile vanità, amerà trasportare sul teatro la sua scienza curiale