Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/118

116
E vero, accordo ancora,

Che il signor Triticone
Restò solo tutor di quella figlia,
Ma del cuore di lei non è padrone.
Il buon vecchio credeva
Buscar quel bocconcin, ma s’ingannò.
Nella fossa ch’ei fece, egli cascò.
È ver ch’un giovinotto
Di lei se n’invaghì,
Ch’ei se la prese è ver, ma non rapì.
Triticone. Che differenza fate
Da prendere a rapir? Son ragazzate.
Rosalba. Ò ò, non mi scappate.
Questo è il punto, signor, quando vi provo
Ch’ella non fu rapita.
Volete che la causa sia finita?
Triticone. Ben bene, io mi contento.
Rosalba. A me, v’incontro.
Il ratto è allor quando il voler resista
Della donna rapita.
Che cos’è il matrimonio?
Consensum, già si sa, facit virum.
Ella consente, per marito il vuole,
E rapita sarà? Ma vi è di peggio.
Il trattato de Nuptiis, che allegaste,
Raptave sit mulier dice, è vero;
Ma soggiunge dappoi, se lo sapete,
Nec parti mulier sit reddita tutae;
Ei la conduce in casa sua, la sposa,
Coi suoi parenti è unita,
E direte così ch’ella è rapita?
Triticone. Più risponder non so.
Rosalba. No, rapita non fu. Ergo la dote
Negar non se gli può:
Giudice, che sedete