Giacinto. Eh eh pensate.
Vive amante di voi passionalissima;
Ridete, signor mio, ch’ella è bellissima.
Triticone. E ben, s’ella mi amasse
Saria cosa da ridere?
Giacinto. Ma tutto, Triticone,
Io non vi dissi ancor. V’ama, egli è vero,
Ma si cacciò in pensiero,
Che non vi vuol, perchè dall’altre donne
Teme d’esser burlata.
L’esser voi vecchio a lei molto non cale,
Ma questa barba bianca,
Quel crin canuto, e gli occhi lacrimanti,
Quelle rughe, il tremare, e che so io,
Come dicea, gli fan cangiar desio.
Che ne dite, signora? (a Rosalba
Eh, confessate pure,
Senz’altra soggezione.
(Già in carta le ho1 insegnata la lezione).
Rosalba. Pur troppo è ver, pur troppo
Il signor Triticone amo et adoro,
Ma quell’aspetto, oimè, schiffo et aborro.
Triticone. Eh quando voi m’amate,
Che v’importa?...
Rosalba. No no, non mi parlate,
Io così non vi voglio.
Giacinto. Oh che bizzarro amor!
Triticone. Che bell’imbroglio!
Che far dunque poss’io? (a Giacinto
Giacinto. Signor, quando vogliate
Io tengo un gran segreto,
Con cui, non dico già che l’età torni
Nel suo verde primiero, ma ben vale
Per far nera la barba, e nero il crine.
- ↑ Nel testo: gl’ho.