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Egli è un mago l’amor, diletta figlia.

Rosalba. Mi stia dunque lontan trecento miglia.
Triticone. E pur, se voi provaste
Delle dolcezze sue qualche pochino,
Lo vorreste tener1 (0 sempre vicino.
Rosalba. Quando la sia così, fate ch’io provi,
Caro signor tutore,
Un bocconcin di questo dolce amore.
Triticone. Volentier, volentieri,
Ma ciò non si può fare
Senza del matrimonio.
Rosalba. Eh mi contento,
Ma però con un patto,
Che se poi quest’amor non mi piacesse,
Voglio che il matrimonio sia disfatto.
Triticone. (Che innocenza!) Figliola,
Udite, il matrimonio
Accordato che sia, più non si scioglie,
Se non muore il marito, over la moglie.
Rosalba. Questo poi non mi piace.
Triticone. Eh non temete,
Vi troverò un marito
Con cui sempre vivrete in buona pace.
Rosalba. Lo troverete poi?
Triticone. Già l’ho trovato.
Rosalba. Senza nemen che ’l veda?
Triticone. Lo vedeste, e gli avete2 ancor parlato.
Rosalba. Come, signor?...
Triticone. (Ah più tacer non posso;
Mi sento il core, il sangue ed il polmone
Che mi dicon: Coraggio, Triticone).
Rosalba. (Forse Giacinto a Triticon palese
Fatto avrà l’amor suo).

  1. Nel testo si legge: tenir, forse per un ricordo dialettale (tegnir).
  2. Nel testo: gl’avete.