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lismo nelle figure secondarie, sbalordicenti colpi di scena: combattimento navale con fucili granate e fuochi; un vascello che s’incendia e si sprofonda; zuffe mortali tra schiavoni e africani; l’eroina che dal corsaro si difende con una scure e per isfuggire alle violenze di Lisauro vuol uccidersi con una sciabola.... Ma pure in questo drammone da arena qualche tratto di buona comicità tempra la reboante retorica, e questa volta comicità non triviale o sconcia addirittura, come nella Sposa persiana, ma discretamente garbata. Marmut e Cosimina — quello mercante di schiavi, questa serva di Argenide, la sposa tradita ai voli lirici degli altri personaggi oppongono l’uno la furbizia e il gretto realismo del Brighella goldoniano, l’altra il buon senso popolano d’un’autentica Colombina.
A Ibraim, governatore di Tetuan che chiede trecento zecchini per il riscatto di Zaira, Marmut osserva:
Chieder per una donna trecento ruspi? affè
Trovar un che gli sborsi, si facile non è.
In Europa, signore, non men della Turchia
Abbondano le terre di simil mercanzia,
E dicon gli Europei che mai non s’è trovato
Il sesso femminile cotanto a buon mercato.
Preso egli stesso dai vezzi di Cosimina “serva per accidente, ma di estrazion civile” le fa questo complimento:
Si conosce all’aspetto la stirpe veterana,
Chi sa che non ti riesca di diventar sultana!
E Cosimina pronta:
Davver, se a tal fortuna a caso io mi conduco
Per il tuo vaticinio ti faccio fare eunuco.
Marmut invece le offre senz’altro un posto nel suo serraglio:
Tre mogli ho al mio comando, e fra di noi è poco:
Possoti di buon core offrire quarto loco.
Al che Cosimina, punto lusingata, risponde:
Non ho fatto all’amore finora in vita mia,
E non lo voglio fare all’uso di Turchia,
Con un solo marito quattro consorti unite?
Saran, mi raffiguro, perpetuamente in lite.
E se il costume vostro l’obbliga a star in pace,
Seguir sì bel costume al genio mio non piace.
E se ho da maritarmi da povera figliuola,
Bastami pane ed acqua, ma vuo’ il marito io sola.
La sua padrona, che piange e si dispera per il tradimento di Lisauro. consola assicurandola che la fedeltà non è virtù di nessun sesso; e quando Argenide, se non potrà impietosire l’amante, si prefigge “di morirgli ai piedi”. la serva commenta:
Questo morir da alcuni par che si stimi poco,
Parlano della morte come se fosse un gioco.
Ed io stimo la vita assai più d’un marito.
Non vorrei per un uomo nemmen pungermi un dito.
Credo però che il dicano senza pensarvi su,