Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXV.djvu/95


91


dell’azione una coppia schiavona, quale attenzione affettuosa a quella terra. Non che della Dalmazia avesse proprie esperienze. V’era stato si quel caposcarico di suo fratello Giampaolo, e tutti sanno che con la descrizione del suo soggiorno a Zara. Carlo Gozzi compose i più piacevoli capitoli delle sue Memorie inutili. Ma la vicina provincia, per la presenza di tanti suoi figli militari, barcaioli e negozianti, era famigliare ai veneziani, e più d’una parola illirica s’era intrufolata nel dialetto delle lagune, di che attesta anche qualche commedia del Nostro (Sior Todaro brontolon, II. 4: Morbinose III. 1: Casa nova I, 10). E bensì vero che il Goldoni, patriotta fervidissimo, negli schiavoni così fedeli soldati di Venezia, esalta anzitutto e sempre la sua Venezia, e lo dice: “Si tratta in essa (commedia) di una nazione fedele, e benemerita alla Repubblica Serenissima: si tratta in qualche maniera del nome glorioso de Veneziani, del valor de’ Schiavoni o del rispetto che gli uni e gli altri esigono principalmente sul mare”. E se il capitano Radovich si vanta di portare regolarmente il suo Leone in petto, il Goldoni aggiunge per suo conto: “Questo è quel Leone glorioso, che gelosamente in petto anch’io custodisco, che mi ha animato a scrivere questa Commedia, che mi ha ispirato i tratti e i sentimenti, che hanno formato il maggior piacere della commedia”.

La nota patriottica, frequente a Venezia nelle composizioni del tempo. non era finzione retorica, ma sentimento sincero, come bene avvertiva l’abate Richard, citato da Giuseppe Ortolani (Patria e libertà nei teatri veneziani del settecento, Gazz. di Ven., 2 gennaio 1926): “Colà si trova realmente quell’amor della patria che da tanto tempo si decanta, che dappertutto si loda, e che in nessun luogo come a Venezia” offre esempi”così sensibili gareggiando in esso a prova tutte le classi di cittadini.“

Lo stesso Goldoni aveva composto nel 1752, per l’esaltazione di Francesco Loredan al trono, una serenata, L’amor della patria e con lo stesso titolo composero nel 1758 una tragicommedia il Chiari (L’amore della patria ovvero Cordova liberata da’ Mori) e nel 1775 una cantata Gaspare Gozzi, il quale trovò ampia occasione a sfoghi patriottici anche nei suoi drammi Marco Polo e l’Isaccio liberato. Ma proprio l’anno prima della Dalmatina, all’abate bresciano con una sua commedia eroica, L’amore di libertà, data al S. Angelo, era toccato — pensa Ortolani — forse il suo maggior trionfo, tanto il popolo si esaltava agli ardimenti della schiava Zaira che si getta da un’alta muraglia, incendia un vascello, affronta con un pugnale un gruppo di mori e in un giro di sole passa dal carcere a un trono! Chi sa che la prima idea della sua Dalmatina non sia venuta al nostro autore da quest’avventurosa commedia del Chiari prima che dal classicheggiante dramma francese?

Caldi accenti d’amor patrio danno a questo, tra tutti i drammi esotici dell’autore, un carattere suo. Non che questo sentimento, per sincero che sia, basti a dar vita a un opera di poesia. Con altre commedie, vive oggi come il giorno che nacquero, il Goldoni onorò ben diversamente la sua Venezia che con le tirate patriottiche della Dalmatina, la quale, per ragioni estetiche, non vale certo più delle tragicommedie sorelle. Scarso studio di caratteri, brutti martelliani, stucchevole enfasi ne’ personaggi eroici e patetici, pedestre rea-