E il medico fuggendo, gli fece una risata.
Il povero corsaro che là m’avea veduto,
Senza poter parlare, mi domandava aiuto.
Io, tirandomi indietro un po’ per la paura.
Dicogli: vi prometto di darvi sepoltura.
Prese un poco di fiato, si getta in sul soffà.
Chiamami a lui vicino, ed io mi tiro in là.
Disse: Marmut, son morto. Rispondo, o amico mio,
Spiacemi che a tal passo ci ho da venire anch’io...
Poi stralunando gli occhi, e bestemmiando in fretta,
Disse: Morir mi duole prima di far vendetta.
Ma verrò spirto 1 ignudo a vendicar miei scorni.
Io dissi nel mio core: Eh, se ci vai, non torni.
Chiamati i suoi domestici, disse a me: Tu che sei
D’Ibraim confidente, recagli i voti miei.
Digli che se mio fallo suoi sdegni ha meritato,
Ne ho pagata la pena, e mi ha punito il fato.
Digli (nel ricordarmelo da piangere mi viene)
Che il mio, quand’anche io muora, tener non gli conviene.
Che nel prezzo de’ schiavi tocca una parte a me,
E che questa mia parte io la regalo a te.
(mostrando di pianger per tenerezza
Ibraim. Ti conosco, Marmut: con simile legato
Non benefica un furbo un uom ch’è disperato.
Alì ch’è delinquente per legge, è reo di morte.
Se muor senza il carnefice, dee ringraziar la sorte,
E se a lui semivivo non troncasi la testa,
Sappia che non giustizia, ma che pietade è questa.
I beni suoi si aspettano soltanto al regio fisco,
Vero o falso il legato di un reo non eseguisco.
E perchè d’avarizia non voglio esser tacciato.
Di quel che a lui si aspetta, altr’uso ho destinato.
Marmut. (Perduto ho questa volta del bell’ingegno il frutto.
Se andò fallito il colpo, perder non voglio in tutto).
- ↑ In tutte le antiche edizioni è stampato: spirito.