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74 ATTO QUARTO
Videro i miei soldati dal bastimento istesso

D’un amatore ardito il temerario eccesso.
Dimmi, è tal la mercede che alla pietà tu rendi?
Lisauro. So che rimproverarmi la libertade intendi,
Ma rimproveri tali soffrir non sono avvezzo.
Prendi da questa borsa, sia risarcito il prezzo.
(getta a’ piedi di Radovich una borsa
E se in tempo opportuno tu mi prestasti aita,
A Zandira e a te stesso salvata ho anch’io la vita.
Ora che siam del pari, palese ora ti sia,
Che un mio rival non soffro, e che Zandira è mia.
Radovich. Tua Zandira? che sento! Tua chi la rese, indegno?
(a Lisauro
Dimmi, con lui prendesti qualche novello impegno?
(a Zandira
Senza di me la mano al mio rival donasti?
Misera, se ciò è vero, (a Zand.) Trema, se tanto osasti.
(a Lisauro
Zandira. No, Radovich pietoso; lo giuro e lo protesto,
Libera sono ancora, so il mio dovere in questo.
Radovich. Come puoi dir, mendace, tuo di Zandira il cuore?
Lisauro. Mio se il destin nol fece, mio lo pretende amore;
E la pretesa ho in seno sì radicata e forte,
Che svellerla sol puote o la tua o la mia morte.
Ecco la spada ho in pugno, a disputar mi appresto
Il suo cor, la sua mano.
Zandira.   Ah qual trasporto è questo?
(s’accosta a Lisauro
Radovich. Giovine sconsigliato, a me superbo, ardito,
Fai colla destra armata l’orgoglioso invito?
Benché da lunga pugna affaticato e stanco,
Quando l’onor mel chiede, al mio valor non manco.
Ti punirei, ribaldo; ma no, non fia1 mai vero,
Ch’io un Dalmate2 ferisca nell’Affricano impero,

  1. Ed. Zatta: sta.
  2. Così nel testo.