Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXV.djvu/73


LA DALMATINA 69
Zandira. Vedi che dal tuo braccio stilla tuttora il sangue.

(con qualche affanno
Lisauro. Si placherà il tuo sdegno, se tu mi vedi esangue.
Zandira. Alzati, dico, ingrato. (imperiosamente
Lisauro.   Io t’obbedisco 1, e taccio.
Zandira. Lascia con questo velo ch’io ti circondi il braccio.
(levandosi il velo dal capo
Lisauro. Non ti curar...
Zandira. T’accheta. (gli fascia il braccio) So che tu fosti un empio.
Ma mi serbasti in vita, e il mio dovere adempio.
Lisauro. Ah Zandira, nell’opra del tuo pietoso cuore,
Parlami senza inganno, non avvi parte amore?
Zandira. Crudel! (sospirando
Lisauro.   Sì, lo conosco, l’idolo tuo pur sono;
Ed all’error promettono quegli occhi tuoi perdono.
Zandira. Sai qual cammin conduca della città alle mura?
Lisauro. Dalla cittade or venni, e so la via sicura.
Ma qual desio ti sprona d’Affrica in sul terreno
Far più lunga dimora de’ tuoi perigli in seno?
Zandira. Dell’eroe Dalmatino bramo saper la sorte,
Temo che i fier nemici l’abbian condotto a morte.
Alì diede il comando a’ suoi seguaci arditi
Seco dal mar poc’anzi col palischermo usciti,
Che Radovich veggendo a rintracciarmi intento,
Usassero contr’esso la forza o il tradimento.
E finch’io non sia certa, ch’esso sia salvo e viva,
Non sarà mai ch’io parta lontan da questa riva.
Lisauro. Ah che a lui sol rivolti son tutti i pensier tuoi.
Sì che l’adori, ingrata; niegalo, se lo puoi.
Zandira. No, nel mio cor finora fosti tu il solo e il primo.
No, Radovich non amo, ma lo rispetto e stimo.
Dal di lui cor pietoso ebb’io la libertade,
Esser non deggio ingrata al don di sua pietade.

  1. Ed. Zitta: ti ubbidisco.