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LA DALMATINA 67
Perdo la mia vendetta, nulla sperar mi resta.

Sieguimi.
Alì.   Invan lo speri.
Zandira.   Dunque morrai, spietata.
(alzando la sciabla1

SCENA IV.

Lisauro e detti.

Lisauro. Non morirà Zandira, finchè la destra ho armata.

(si mette in difesa di Zandira
Alì. Debol sarà lo schermo che opponi a’ miei furori,
Giovine sconsigliato; tu la precedi, e mori2.
(si battono
Zandira. (Salvalo, o Ciel pietoso. Oh, il crudel l’ha ferito.
Gratitudine, amore renda il mio braccio ardito;
Tutto giova in difesa.) Perfido, i colpi arresta.
(Vicino alla capanna trova una scure, la prende velocemente e con quella minacciando Alì, fa ch'egli s' arresti un poco, e Lisauro prende fiato.
Alì. Due vittime ad un tempo il mio furor mi appresta.
(S’avvena ruotando la spada contro di tutti due; Lisauro lo ferisce nel fianco, ed ei retrocede3
Zandira. Tinto di sangue ha il brando.
(parlando della spada di Lisauro
Alì.   Ah rio destino infido!
Zandira. Barbaro, cedi il ferro, o di mia man ti uccido.
(minacciandolo colla scure
Alì. Indebolito ho il fianco, trema, vacilla il piede...
No, che Alì valoroso il ferro suo non cede...
Perfidi, morirete4.
(Avventa un colpo con tal impelo che cade a stramazzone per
terra, e gli sbalza fuori di pugno la spada.


  1. Così nel testo.
  2. Ed. Zatta: muori.
  3. Ed. Zatta: ritrocede.
  4. Nell’ed. Zatta è stampato per isbaglio: Perfidi, sì morirete. Il Goldoni per distrazione lasciò questo setteoario in abbandono e ricominciò poi un altro verso martelliano.