Tu che in seno del vero conosci il basso errore,
Deh tu perdona, o spirito, vil forsennato amore!
Canadir. Con chi parli?
Lisauro. Ragiono, spiego l’ardor, Io zelo
Colla tua figlia istessa che or mi figuro in cielo.
Canadir. In ciel!
Lisauro. Le sue virtudi fatta le avran la scorta 1.
Canadir. Stolido! chi a te disse che la mia figlia è morta?
Lisauro. Cosimina mel disse.
Canadir. Quando?
Lisauro. Un brieve momento
Prima che voi giungeste.
Canadir. Oh qual nuovo spavento!
Sarebbe mai la pena dello schernito affetto...
Voglio veder... ma dimmi, colei cosa ti ha detto?
Lisauro. Dissemi che gettati dalla burrasca a riva.
Restò la sventurata o morta o semiviva.
Che voi colla servente passaste alla catena,
E abbandonata Argenide rimase in sull’arena.
Canadir. Oh favole! oh menzogne! non so di chi mi dica,
Se di te, se di lei, ch’è degli scherzi amica.
Vive la figlia mia, vive pur troppo in pene,
In questo luogo istesso fra il duo! delle catene.
Se fur sinceri i detti che al spirto suo volgesti,
Volgi le tue preghiere a quei begli occhi onesti.
Quella pietà che l’alma ti prometteva in cielo,
Non niegheratti in terra di sua bontade il zelo.
S’ella il perdon t’accorda, tutto mi scordo anch’io;
Se sposa tua la chiami, sarai genero mio.
Guarda fin dove arriva dell’amor mio l’eccesso:
Sugli occhi tuoi, Lisauro, voglio condurla io stesso.
(parte
- ↑ Zatta: fatta le avranno scorta.