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LA BELLA GIORGIANA 501
Meco, che n’hai ragion. La crudeltade

Che t’usai, mi rinfaccia, e sfoga pure
La vendetta, il furor.
Tamar.   Sì, di vendetta
Giunto è il tempo per me. Tiranno, avesti
Cor di vedermi sulla torre esposta
Alle spade nemiche. Era tuo dono
Questa misera vita, e mi volevi
Condannata a morir per tua germana.
Se per amor, per gelosia, per sdegno
Spenta m’avessi, perdonar poteva
Al tuo barbaro cor. Ma per vendetta,
Per piacere alla suora, oltraggio farmi?
Dadian. Che val teco scusarmi? Hai ragion tante
Dell’odio tuo, che il supplicarti è vano,
Vano è il chieder pietà.
Tamar.   Di’, che superbo
Pietà chieder non degni, e che morresti
Anziché supplicar.
Dadian.   Ah! s’io pregassi,
Che sperare potrei?
Tamar.   Provati.
Dadian.   A costo
Del rossor di veder gettati i prieghi,
Vo’ quest’ultimo scorno ancor soffrire.
Sì, ti priego, idol mio, pietà domando,
Non per la vita mia che più non curo,
Non pe ’l regno perduto. Ah! sol ti chiedo
Del mio core pietà. Non far ch’io mora
Coll’odio tuo. Scusa il furor malnato,
Perdonami, mia vita.
Tamar.   Olà, dal piede
Gli si tolgan que lacci. (alle Guardie ch'eseguiscono
Dadian.   Ah! qual speranza
Giungemi a lusingar!