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494 ATTO QUINTO
Rimpiattossi nel bosco, io lasciai seco

Chechaiz, meno accorto, e a basta lena
Corsi, volai, fin che mi resse il fiato.
Giunto al fiume Codur, di sete ardendo,
Scendo per ristorarmi, e gemer sento
Fra cespugli una voce... Il cor in petto
Mi balza ancora pel timor. Pian piano
M# accosto, e veggo un misero soldato
Che penava a morir. Mi chiede in grazia
Ch’io lo tolga di pene, ed io pietoso
Lo spoglio in prima, e poi nell’onde il getto.
Vestimmi1 io poi de’ militari arnesi,
Cinsi al fianco la spada, e mi pareva
D’esser pien di valor. Da lì a non molto
Veggo stuol di guerrier, e il mio valore
M’abbandona sul fatto. Or io, confuso
Fra il fuggire e il restar2 temei fuggendo
Dar sospetto maggior. Restai tremante
Ragionando in me stesso: 3 or or mi fanno
La carità che al moribondo io feci.
Odi quando la sorte aiutar vuole
Un solenne poltron. Que’ buoni armati,
Ch’eran del padre tuo, dell’armi in grazia
Mi crederò un de’ suoi. Veggendo il tetro
Pallor del volto mio, chieser s’io fossi
Per sventura ferito. Io lor tremante
Dissi: ferito i’ son. Dove? In un piede.
Scese allor da cavallo un pio guerriero,
Me l’offrì, l’accettai, comodamente
Son venuto fin qui. Ma se scoperto
Vengo per quel ch’io son, dubito il nolo
Del cavallo pagar colla mia testa.
Tamar. Degno fin de’ ribaldi. Avesti ardire

  1. Così nel testo.
  2. Nell’ed. Zatta c’è qui il punto fermo.
  3. Anche qui nell’ed. Zatta c’è il punto.