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LA BELLA GIORGIANA 483

SCENA VI.

Dadian, incatenato fra Guardie, e detti.

Dadian. Perfidi, più rispetto ad un monarca

Che avvinto ancor fra duri cepi ha in fronte
Il carattere eccelso.
Bacherat.   In van rispetto
Pretende un Re che rispettar non seppe
L’altrui sovranità.
Dadian.   (Cieli! che veggio!
Tamar esposta alle ruine, al foco!)
Tamar. Pietà, pietà, signor.
Dadian.   Pietà tu chiedi
A chi soffre il rigor d’iniqua sorte?
Chiedila al padre tuo.
Bacherat.   Contro il mio sangue
Infierire saprò, se i tuoi soldati
Non mi cedon la torre. Osserva il foco
Pronto a giusta vendetta; o aperto il varco
Siami senza dimora, o inceneriti
Cadan gli audaci, e la mia figlia anch’essa.
Dadian. Barbaro genitor!
Tamar.   Dadian, pietade
S’io non merto da te, la mertan questi
Tuoi fedeli guerrieri. Un sol tuo cenno
Può dar loro la vita, e la lor morte
Nulla giovar ti puote.
Dadian.   (Ah! si risparmi
Tanto sangue innocente. Il fato avverso
Non mi faccia scordar d’essere umano.
Lo mertano que’ fidi, e il merta anch’essa
Quella beltà che mi favella al core).
Cediamo, amici, al rio destin; quell’armi