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LA DALMATINA 43
Rammenta a qual periglio col tuo furor t’esponi.

Da un cenno mio dipende il fin della tua vita;
Punir poss’io l’orgoglio d’un’anima sì ardita.
Ma all’amor, all’etade, al tuo valor perdono;
Sai che le stragi abborro, sai che crudel non sono.
Cangia lo stil protervo, il tuo dover comprendi;
Ma se persisti ardito, fiero castigo attendi. (parte

SCENA VIII.

Alì solo.

Vile timore indegno nel seno mio non provo.

Voglio la bella schiava rapir dov’io la trovo.
D’Ibraim fra le braccia salva non fia, lo giuro;
Son risoluto in questo, e di morir non curo.
Ma se il mio sagrifizio vorrà la cruda sorte,
Cara su questo lido costar dee la mia morte.
Ed Ibraim istesso che provoca il mio sdegno,
Primo sarà di tutti di mie vendette il segno. (parte

SCENA IX.

Lisauro solo colla spada, o sia palosso, al fianco'.

Se Marmut non m’inganna, s’egli al guadagno aspira,

Spero trovato il mezzo per involar Zandira.
Utile m’è all’impegno il mio denar celato,
Or che il denaro istesso col brando ho ricovrato.
E libero già reso col mio riscatto in mano,
Posso senza timore partir dall’Affricano.
Se di Zandira il core è di Lisauro amante,
L’orme negar non puote seguir delle mie piante:
Certa che in altra guisa vano è il sperar contento,
Col Dalmatino al fianco al vincolarla intento.
Ma Radovich restando in doloroso affanno,