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LA BELLA GIORGIANA | 457 |
SCENA V.
Ottiana, poi Abchar con seguito'.
Di viril libertà! Non siam noi donne
Metà dell’uom che ci calpesta e opprime?
Lecito a lui sarà partir gli affetti
Con più care bellezze, e un sguardo solo
In noi colpa sarà? Santa onestade,
No, esentar tu non puoi da un’egual fede
Il viril sesso, a cui la legge istessa
11 Cielo impone e di natura il dritto.
Eccolo il traditor. Vederlo io spero
Svergognato, avvilito: ah no! non merta
Amor da me, ma vili disprezzo e orgoglio.
Abchar. Qual affar, principessa, or ti conduce
Lungi dalle tue tende?
Ottiana. Il sol desio
Di vederti, signor, di consolarmi
Teco de’ nuovi tuoi felici acquisti;
Di pregarti dal Ciel pace e riposo
Colla bella tua schiava.
Abchar. In van nascondi
Sotto il vel d’amistà l’ira e il dispetto.
Tu fremi, il vedo, ch’una schiava io stimi,
Che onor merta e rispetto. Ella è di sangue
Nobile e signoril. Da tuo germano
Insultata, potea di questo regno
La rovina produr. Pietà mi mosse
Più di voi che di lei.
Ottiana. Lodo, signore,
Lodo la tua pietà. Dadian ti è grato,
Grata ti sono anch’io. Va, ti consola