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42 ATTO SECONDO
Alì. Non è più mia? Privarmene chi arditamente aspira?

Ibraim. L’ho al comprator venduta.
Alì.   Senza l’assenso mio?
Ibraim. Di contrattar dei schiavi sai che il padron son io.
Della metà del prezzo chieder sol puoi ragione.
Eccolo in questa borsa a tua disposizione.
Alì. Prezzo ritrar non curo. Di lei voglio il possesso.
Nel cor questa mia schiava serbata ho per me stesso.
Chiedi tu quel che brami per tua metà, son pronto
Darti qualunque prezzo di tua ragione in sconto.
Ma non sperar ch’io soffra vederla a me rapita;
Vendicherà i miei torti a costo della vita.
Ibraim. Tu dell’Alcaide innanzi, che qui governa e impera.
Parli, minacci, imponi con tracotanza altera?
Alì. Parla in tal guisa Alì, che cento prede e cento
Ad Ibraim concesse disporre a suo talento;
Quello che l’ha arricchito col suo valor predaro,
Nè mai conto gli chiese dei schiavi o del danaro.
Come! fra tante prede serbo una preda sola;
E questa ingratamente al predator s’invola?
No, di tale ingiustizia non soffrirò lo scorno;
Dissi le mie ragioni, e a replicarle io torno.
Ibraim. Tu le dicesti invano, invan favelli ardito.
Libera or or Zandira dee andar da questo lito.
Qui col Firman reale è il comprator venuto,
In trecento zecchini è il prezzo convenuto.
Egli gli ha già sborsati, seco son io in impegno;
Tu rassegnar ti devi, e moderar lo sdegno.
Alì. Io moderar lo sdegno? Io sofferir l’oltraggio?
Mal di me si conosce la forza ed il coraggio.
Quel che avvilire ha fatto mille nemici in mare,
Colle minaccie in terra non si farà tremare.
In Tetuan istesso al mio valor non manco
Co’ miei seguaci intorno, colla mia spada al fianco.
Ibraim. Se di ribelle in guisa in faccia mia ragioni,