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454 ATTO SECONDO
Di popolo vulgar costumi incolti?

Perdoni il genitor, vorrei con seco
Vivere i giorni miei; ma non fra balze,
Fra romite foreste e alpestri monti.
Non saprei dir qual di natura io sento
Voce nel sen, che a desiar mi sprona
Uno stato miglior. Lo so, lo veggo,
È superbo il pensier; ma senza colpa
L’ho nutrito nel cor. Virtù bastante
Ho per soffrire ogni destino avverso.
Ma se chiesto mi vien fin dove aspiri,
Ardisco dir che il ben conosco e il bramo.
Dadian. Restar meco tu puoi.
Tamar.   Ah! Sire, io sono
Schiava del tuo Visir.
Dadian.   La libertade
Ridonarti poss’io.
Tamar.   Tanta clemenza
So di non meritar. Ma un Re ha il potere
Di far grandi i più vili. Io non ricuso
I tuoi cenni ubbidir. Ma oimè! mio padre,
Sire, non vedrò più?
Dadian.   Tuo padre è giunto
Il suo Re a minacciar.
Tamar.   Sospendi ancora
Il tuo giusto rigor. Lascia ch’ei vegga
Generoso qual sei colla sua figlia,
Tel prometto, signor, verrà egli stesso
A gettarsi al tuo piè.
Dadian.   Venga e conosca
Da te sol sua fortuna.
Tamar.   O Re clemente,
O magnanimo Re! Qual donna al mondo,
Qual bellezza più schiava, o qual sovrana
Coronata beltà non arderebbe