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442 ATTO PRIMO
Vachtangel, lo so1, t’adora, e forse

Il tuo cor gli donasti. Io la mia fede
Data ho ad Ottiana, alla germana illustre
Dello stesso mio Re: ma non per questo
Legati siam, sicché sperar non s’abbiano
Da un concorde voler disciolti i lacci.
Pensaci: non temer che ad insultarti
Aspiri l’amor mio; pregarti intendo,
E col tuo cenno regolar gli affetti,
E servirti ed amarti ancor nemica.
Tamar. Ah! Visir, chi potrebbe a tal bontade
Inumana mostrarsi, avversa e ingrata?
Arbitro sei di me; Vachtangel amo
Più per dover che per affetto. Il padre
In periglio veggendo il picciol stato,
Quegli scelto m’avea per mio sostegno.
Ma un sostegno maggior se m’offre il Cielo,
Io ne son paga, e sarà pago anch’esso.
Usami la pietà che il cor t’ispira:
Sarò grata ad amore ed alla fortuna.
(Di fortuna mi cal più che d’amore).
Abchar. Basta così; non dubitar, seconda
I miei teneri voti e i miei disegni.
Tamar. E in chi degg’io sperar, se in te non fido?
Abchar. Guardie, alla tenda mia Tamar si guidi.
Niuno ardisca accostarsi, a costo ancora
D’adoprar l’armi in sua difesa e scudo.
Chiederotti io medesmo al Rege in dono,
Nè creder vo’ che al suo Visir contrasti
Ciò che incauto concesse a schiavo indegno.
Se ’l niegherà, peggio per lui. Mi aspetta
Alle tende vicine. (Oh forza! oh incanto!
Oh poter di beltà! vincesti, amore). (parte

  1. Così il testo spesso scorretto dello Zatta. Forse è da leggere: io lo so.