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438 ATTO PRIMO

SCENA V.

Abchar1 solo.

Abchar. Qual vendetta inumana e qual indegno

Sacrifizio far tenta un Re crudele!
Giovine è ancora e gioventù l’inganna,
Presumendo sia tutto ad un monarca
Lecito in terra, e che sul regio capo
Non comandi onestà, natura e il Cielo.
Io quello fui che il contrastato soglio
Gli assicurai di tre germani a fronte,
E a dispetto dei più regnare io il feci.
Or di me più non cura, or mi rigetta
Arditamente i miei consigli in faccia?
Vuol regnar da tiranno, e vuol... Ma è questa
La donzella infelice? Oh qual sembiante
Nobile, maestoso! Oh come altera
Move il labbro ridente, e le pupille
Volge senza timor! Non anche ad essa
Noto è forse il destin che le sovrasta.
Tanto ardito non ha forse quel vile,
Vinto e confuso dal gentile aspetto.

SCENA VI.

Tamar, Macur ed il suddetto.

Tamar. (Cuore, non t’avvilir: che se ti perdi,

Degno ti crederan d’onte e dispregi).
Macur. Che vuoi, Visir, perchè veder ti preme
La schiava mia? Perchè di bella il vanto
Sentisti ad essa attribuir? Sì, è bella;

  1. Nell’ed. Zatta anche qui è stampato Abcar.