Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXV.djvu/439


LA BELLA GIORGIANA 435
Vachtangel.   Ah! ceppi e morte

Vorrei prima soffrire, anzi che d’onta
Veder macchiato di Tamarre il seno.
Abchar. L’ami tu forse?
Vachtangel.   Sì, l’amo, il confesso.
E amor mi sprona a riparar col sangue
L’onor, la gloria di colei che adoro,
O morir prima ch’io la vegga oppressa.
Abchar. Come amarla puoi dir, se qui tu stesso
La recasti in tributo, e se l’esponi
A gir anch’essa fra le schiave un giorno
Dell’aram del Sofì?
Vachtangel.   L’amore istesso
Diemmi il fiero consiglio. Il padre io vidi
Del bell’idolo mio tremar, veggendo
Il vostro Re contro i suoi stati armati.
L’unico mezzo per placar suo sdegno
Giudicò la figliuola: a lei si espresse,
Ella v’acconsentì. Chinar la fronte
Dovetti io pur al mio destin: ma certo,
Che se in Persia ella giugne, e se la mira
Il sovrano Sofì, non tarda un giorno
A sollevar tanta bellezza al trono.
Poco amarla saprei se io non sapessi
Preferire al mio amor la sua fortuna;
E soffocando i miei sospiri in petto,
Io ministro mi fei del mio martoro.
Fin qui le voci di virtù ascoltando,
Fei tacere l’amor: ma s’io la veggio
A destin vergognoso espor da un’empia
Orgogliosa vendetta, ah! non ho core
Di soffrirlo e tacer. Nè fia ch’io torni
Vivo colà, donde partimmo uniti,
S’ella agl’insulti dal tiranno è esposta.
Abchar. Che disegni di far?