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434 | ATTO PRIMO |
Che il mio Re vuol donarmi? (a Vachtangel
Vachtangel. O vile, o indegno
Di posseder tanta bellezza, e tanta
Peregrina virtù! Mal ti lusinghi,
Se il cor di lei che in nobil cuna è nata,
Assoggettare al tuo voler tu speri.
Macur. Tanto meglio per me s’è bella e adorna.
Tanto maggior del mio signor è il dono:
E tal son io, cui non dispiace il bello,
Nè d’esser parmi di tal sorte indegno.
Vachtangel. Deh! tu, signor, che a sostener mi sembri
Nobil grado prescelto, usa pietade
A una misera figlia, e non permetti
Che da schiavo vulgar sia posseduta. (ad Abchar
Abchar. Sacro è il cenno del Re, nè lice altrui
Disubbidire o interpretar suoi detti.
Guardie, da voi Macur si scorti al lido;
Abbia la schiava in suo potere, e alcuno
Onta in ciò non gli rechi. Va, ricevi
Del tuo signore il prezioso dono. (a Macur
Macur. Vado, signore. Da qui innanzi io spero
Farmi molti invidiosi e molti amici.
(parte con le Guardie
SCENA IV.
Vachtangel ed Abchar1.
Abchar. T’arresta, ad ogni passo
Un periglio tu incontri; e non è poco
Che sciolto il piè la libertà ti renda
L’irritato signore.
- ↑ Nell’ed. Zatta qui è stampato Abcar.