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430 ATTO PRIMO
Abchar. Ma tu, signor, dal Caucaso gelato

Sino alle rive del mar Nero imperi,
Ed imponi le leggi, ed hai tributi.
Non ha di prence Bacherat che il nome,
E se questo gli togli e la provincia
Rendi priva d’un capo, i sediziosi
Di Guriel solleveransi a gara,
E pena avrai di soggiogarli un giorno.
Dadian. Compiasi pur la mia vendetta, e il ferro
Che troncar dee del contumace il capo,
Faccia tremar chi a sedizioni aspira.
Abchar. Ah! signor, sì gran colpo!
Dadian.   Olà, t’imposi
Di cessare a suo pro discolpe o preci.
Grave è sempre il delitto in chiunque ardisce
D’opporsi al mio voler. Di cento schiave
Ch’io gli chiesi in tributo, appena offerte
Me n’ha tre volte o quattro volte dieci,
E le men belle e le più vili ha unite.
Il Sofì della Persia a me venduta
Ha la pace contesa al solo prezzo
Delle belle Giorgiane, e sol per esse
Poss’io goder tranquillamente il regno.
Sa Bacherat in qual impegno io sono,
Sa che può sol di belle schiave il pregio
Farmi caro al nemico, e per dispetto
Le più schifose e più deformi ha scelte?
Paghi sua vita il malizioso inganno;
E in avvenir potrò mandar io stesso
Nella vasta provincia a trar dal seno
D’accorte madri di bellezze il fiore.
Chechaiz. Signor, su picciol disarmato legno
Giunse testè di Bacherat un messo,
Che desia favellarti.
Dadian.   Odasi; in guisa