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LA DALMATINA | 39 |
Ma son dal tempo avvezzo a rassegnarmi al fato.
E tu, figlia diletta, la mia costanza imita,
Che vi è speranza ancora, finchè si resta in vita. (parte
SCENA III.
Argenide, Cosimina, Marmut e Soldati.
Marmut. T’accheta. Non disperarti ancora.
Di vendicar tuoi torti forse venuta è l’ora.
La tua rival vezzosa, che semina gli amori,
Adesso è combattuta da vari pretensori.
Alì per sé la vuole, un Dalmatin la chiede,
Par che la brami anch’esso colui che qui presiede;
E tra i tre litiganti che aspirano ai bei frutti,
Lisauro è certamente più debole di tutti.
Lascia che si contrasti fra quei che han più potere;
Pentito a’ piedi tuoi Lisauro ha da cadere.
Argenide. Torni al mio piè pentito per grazia e per amore:
Non pel destin contrario al barbaro suo cuore.
S’egli le nuove fiamme spegner dovesse a forza,
Sdegno d’un core il dono, che simular si sforza.
Dolce è l’amor contento, dolce è l’amor che giova.
Questa dolcezza estrema ho conosciuta a prova;
Quando il fedele amante, quando lo sposo ingrato
Non si sapea stancare di sospirarmi allato.
Quello è l’amor sincero, quello è il piacere estremo;
Se or lo vedessi in volto... Ah, nel pensarlo io tremo.
Fugga dagli occhi miei, fugga quel cuore ardito.
Ma se vederlo io deggio, veggalo almen pentito, (parie
- ↑ Ed. Zatta: seguirlo.