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ZOROASTRO 409
Zoroastro. No, non temer, Corina. L’opra compisci, e aspetta

Mirare a qual trionfo fosti dal Cielo eletta.
Corina. (Già questo è quel che vedesi usare ai nostri dì;
Comandami, comandami, e poi: voglio così).
(entra in una stanza del Tempio
Zoroastro. Studi fallaci e vani d’astronomia mendace,
Stolto chi in voi presume il presagir verace.
Segno fra i vostri arcani non ritrovai di questo
Al regno e alla mia vita pericolo funesto.
Merto non fu degli astri il trono a me predetto,
Fu della sorte un dono, fu dell’industria effetto.
L’astro, che mi condusse de’ Battriani al soglio,
Fu col vel di pietade il mascherar l’orgoglio;
Fu l’acquistar gli amici con benefizi e doni,
E guadagnar col tempo la forza e le ragioni;
Fu la provvida stella del conseguito onore
Della real Nicotri l’arbitrio ed il favore;
E l’astro, che minaccia tormi la regal sede,
È il nuovo amor, che al primo scemata ha la mia fede.
Sordi sono i pianeti. Sordi non sono i Numi.
Giove i merti misura, gli affetti ed i costumi.
I segni che influiscono in noi cercar conviene:
Vengon dal vizio i mali, vien da virtude il bene.

SCENA IV.

Semiramide, Nino, Assiri ed il suddetto.

Semiramide. Signor, la tua bontade mi obbliga maggiormente,

Al regio sagrifizio volendomi presente.
Meco i seguaci miei inalzeran divoti
Per te, per lo tuo regno, ai sacri Numi i voti.
Zoroastro. So l’amor, so la fede, che per me nutri in petto,
So per me degli Assiri il generoso affetto;
E so che più di tutti ad onorarmi aspira
Lo stranier che s’inoltra al fianco di Semira.