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ZOROASTRO 401
Alla triforme dea sul tramontar del sole,

Contro un re mal sofferto dal popolo inquieto
Fra l’aste e fra le spade risuonerà il decreto.
E tu partir vorresti, sia per timore o sdegno,
E abbandonar l’impresa, e abbandonare un regno?
Nino. Vasto felice regno ebbi dai Numi in dono:
Avido gli altrui beni di conquistar non sono.
Tardi conosco il torto di quel disegno ardito,
Onde seguir mi piacque il periglioso invito.
Sudditi malcontenti rimproverar si denno;
A favorir malvagi osta l’onore e il senno.
E un re che fra perigli sempre sussiste e regna,
Fellonia, tradimenti non soffre e non insegna.
Son grato alle tue cure. Più di così non bramo:
Mostrami in ciò ’l tuo zelo; non contraddirmi, andiamo.
Semiramide. No, contrastar nol deggio. Parti, se partir vuoi,
Ma non sperar ch’io voglia seguir i passi tuoi.
A chi libero nacque, la libertà è concessa;
Io son, quale tu sei, padrona di me stessa.
Vattene al patrio regno; in Battriana io resto:
Il destin che m’attende, ad incontrar m’appresto.
Sia felice o infelice, perciò non mi confondo;
Son donna indifferente, e la mia patria è il mondo.
Nino. Ed hai cuor di lasciarmi?
Semiramide.   Miei torbidi talenti
Potriano in te cangiare gli eroici sentimenti.
Io son femmina altera, usa alle grandi imprese;
Tu di tranquilla pace mostri le brame accese.
Alcun questa tua pace, alcun quella pietà
Che vanti inopportuna, direbbe una viltà.
Io però che di Nino conosco il nobil core,
So che non è capace d’un languido timore.
Un po’ di gelosia nutrir potrebbe in petto:
La debolezza è forse suo natural difetto.
Ma superar saprebbe ogni sospetto vano,