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398 ATTO QUARTO
Ma la farò tacere, le darò il giuramento.

Corina. (Credea non se ne andassero per tutta la giornata.
Per verità, ho sofferto una bella seccata.
Ma forse inutilmente il dì non ho perduto:
Spero mi gioveranno le cose che ho saputo). (da sè
Sidone. Venite, bella figlia. Sarete intirizzita
Dal freddo e dalla noia.
Corina.   No, mi son divertita.
Sidone. Udiste il grand’affare che si è fra noi trattato?
Corina. Non ho inteso parola. I fogli ho rivoltato.
Oh! che piacere ho avuto mirando in quelle carte
L’effigie di Saturno, di Venere e di Marte!
Sidone. (Ah! il trigono fatale è ancor fra quei volumi.
È chiara, è manifesta la minaccia dei Numi).
Dite la verità. Non sentiste niente
Di quel che si è parlato?
Corina.   No, signor, certamente.
Sidone. Badate bene.
Corina.   Or ora scandalezzar mi fate.
Son io qualche bugiarda?
Sidone.   Via, via, non v’irritate.
Corina. Se di ciò gelosia nutrite nel pensiero,
Mi fate giustamente temer qualche mistero.
Sidone. No, ragionato abbiamo d’una costellazione
Che le donne in quest’anno vuol render poco buone.
Mostrano chiaramente certi asterismi uniti,
Che comandar vorranno ai poveri mariti.
Certe comete insolite con tortuose code
Dicono che le case rovineran le mode;
E un fenomeno uscito verso la zona ardente
Dimostra che le donne vorranno il lor servente.
Esaminato bene il disco della Luna,
Di buone fra le triste se n’è trovata alcuna.
E voi, Corina mia, voi siete una di quelle
Che hanno il vanto di buone unito a quel di belle.