Là sopra in quella stanza, chiusa da aurate porte,
Vi è il libro dove è scritta dei principi la sorte.
Là dentro il sapientissimo nostro regal sovrano
Ha collocati i fogli scritti di propria mano.
Letti non li ho finora, ma indovinar mi pare
Ch’ivi le regie zifre1 s’avriano a rilevare.
Andiam, se ciò vi aggrada, i segni e le figure
A contemplare uniti.
Corina. (Che sciocco!) Andiamo pure.
Ma son schiuse le porte?
Sidone. No, no, sono serrate,
Ma dal sovran le chiavi a me fur consegnate,
Acciò ch’io, che degli altri vanto maggior sapere,
Servissi Semiramide curiosa di vedere.
Corina. Per dir la verità, sono curiosa anch’io.
Sidone. Venite a soddisfarvi, venite, idolo mio.
Che non farei, mia cara, per quel bel volto amato?
Astro, stella, fenomeno! (con tenerezza
Corina. (Oh astrologo sguaiato!)
Sidone. Andiam. (s’incamminano verso le scale, e salgono
Corina. Sì, sì, vi seguo. (parlando sulla ringhiera
Sidone. Venere ci conduce.
Noi siam le vaghe stelle di Castore e Polluce.
Corina. (È godibile il pazzo). (da sè
Sidone. Che sorte, che fortuna!
Io sono l’aureo sole, tu sei l’argentea luna.
Corina. Bravissimo, Sidone.
Sidone. Entriam nel chiuso loco.
Corina. (Curiosità mi sprona). (entra
Sidone. Zitto. Aspettate un poco.
Parmi sentir che alcuno s’inoltri a questa stanza:
Teocrate, Cleonte, Lisimaco s’avanza.
(a Corina, verso la porta
- ↑ Nel testo: ziffre.