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ZOROASTRO 387
E per lo ben ch’io bramo al tuo felice impero,

Sdegnar non ti consiglio re per costume altero.
Lascia ch’ei lo punisca. Per Nino io ti prometto
Soddisfazion che basti a conseguir l’oggetto.
Temi ch’ei non ti fugga? Posso arrestarlo anch’io;
Nol lascerò, tel giuro, escir dal quarto mio.
Di queste stanze il dono a me per ora offerto,
Per la tua sicurezza in carcere converto;
E quella guardia istessa che ad onor mio scegliesti,
Farò che ad eseguire i cenni miei s’appresti.
Olà! fra queste soglie costui sia custodito.
(escono due Guardie
Impeditegli il passo, s’ei lo tentasse ardito.
Fidati di chi apprezza la tua virtù, il tuo merto:
Nella fè ch’io ti giuro, vivi tranquillo e certo.
Zoroastro. Ah! sì, nel tuo bel core tutto il cor mio confida.
M’oda pietoso il Cielo e a’ miei disegni arrida.
(Perfida, rea Nicotri!) Alma a regnare eletta,
Di tua bontade il premio dai giusti Numi aspetta.
Veggo nella tua fronte, veggo degli astri un raggio
Formar di tua grandezza lietissimo presaggio.
Un regno sulla terra destinanti le stelle,
Qual da natura avesti il regno fra le belle, (parte
Semiramide. Udisti? (a Nino
Nino.   Udii pur troppo.
Semiramide.   Sdegni cotali auspici?
Nino. Regna, o barbara donna, sul cuor degl’infelici.
Sali sull’alto trono a dominar la terra,
E ai miseri mortali reca tormento e guerra.
Non conosco me stesso, non so quel ch’io mi dica;
Vieni, pietosa morte, dei disperati amica. (parte
Semiramide. Custoditelo, amici, ch’ei non mi fugga o pera.
(partono le Guardie
Sono un po’ troppo, il veggo, col misero severa.
Ma o non doveva ei stesso darmi il suo core in dono,